Dal sito dell'Avvenire dei lavoratori
Una sorella Bandiera
di nome "Leopolda"
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Ambientazione americanista – mancava solo qualcuno con le bretelle alla Larry King – populismo, radicalismo, rampantismo, partecipazionismo, confusionismo economico, demagogia sociale compassionevole, ma anche una sapiente capacità nel gestire la comunicazione. Tutto questo ha tenuto il campo alla Leopolda facendola da padrona. Se, tra i tanti invitati, lo fosse stata anche la politica forse l’occasione poteva essere più interessante.
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di Paolo Bagnoli
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I più anziani ricorderanno che, qualche lustro fa, sulla tv italiana si esibivano tre corpulente signore, le sorelle Bandiera, che cantavano una canzoncina dandosi decisi colpi di fianco intonando: “fatti più in là…”. L’episodio ci è tornato alla mente vedendo quanto avviene nel Pd, in questi giorni alle prese con il duello che il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, ha ingaggiato con il segretario Pierluigi Bersani in nome di un farsi più in là molto esteso in quanto dovuto a una generazione che chiede a una più anziana di andare a casa. In questo caso, invece delle sorelle Bandiera, sarebbe più opportuno parlare dei fratelli Derege anche se Walter Chiari e Carlo Campanini erano ben più simpatici dei due contendenti, frutto entrambi delle primarie.
Quanto è avvenuto a Firenze e su cui si sta scervellando un esercito di commentatori non ci è sembrato di particolare rilevanza, al di là del fatto in sé che ha aperto un conflitto non sanabile. Ambientazione americanista – mancava solo qualcuno con le bretelle alla Larry King – populismo, radicalismo, rampantismo, partecipazionismo, confusionismo economico, demagogia sociale compassionevole, ma anche una sapiente capacità nel gestire la comunicazione. Tutto questo ha tenuto il campo alla Leopolda facendola da padrona. Se, tra i tanti invitati, lo fosse stata anche la politica forse l’occasione poteva essere più interessante.
La politica, però, non ci poteva essere e il promotore ha promesso ben cento proposte; assai di più di quanto Winston Churchill promise al suo popolo nello scendere in campo contro i tedeschi.
La cosa è ininfluente poiché non era la politica ciò che interessava ai già rottamatori e che oggi sarebbe più opportuno definire “belligeranti”, quanto investire sul dato anagrafico per conquistare il partito nella speranza, un domani, di fare lo stesso con il governo. Un senso della politica ridotto al solo dato anagrafico e a battute talora insipide e pure un po’ irrispettose, come se essere nati prima di altri sia una colpa, un handicap e non un qualcosa di naturale. Ma perché Renzi, e compagnia cantando, visto che l’Italia ha un presidente della repubblica nato nel 1926 non propone che per poterlo diventare in futuro non si debbano avere più di 45 anni? Oppure anche questa soglia è troppo alta? Forziamo la questione perché è giusto che la politica si rinnovi e, con essa, la classe politica, ma ciò avviene nel confronto delle idee; in assenza di queste e della politica tutto si riduce a un dato di età; se seguita così è pensabile che il Pd per le prossime primarie allestisca i seggi negli uffici dell’anagrafe.
Bersani ha risposto con imbarazzante fermezza, fermo restando che neppure lui riesce a far esprimere al proprio partito una linea politica e come un pendolo – Foucault non se ne abbia – oscilla tra Vendola e Casini non sapendo quale linea strategica lanciare. La verità è che il tutto ci sembra oramai sul viale del tramonto; la mancanza di profilo identitario e di reale fusione tra chi veniva da una parte e chi da un’altra – una carenza che non potevano certo surrogare le primarie i cui inventori, tra l’altro, sono state le prime vittime – sta producendo quanto non era difficile prevedere; ossia uno scontro che non ammette mediazioni poiché non è che si chiede, da parte dei belligeranti-rottamatori, un congresso per misurarsi sulle idee – tra l’altro esso si è tenuto di recente e il partito ha già cambiato tre segretari - ma solo di far valere le carte di identità con la volontà di volere prendere, in ragione dell’età trasmutata in ragione politica, il controllo piano del partito. Lo scontro è lacerante poiché, senza politica, nulla è mediabile e la ricerca del potere, come sappiamo, non lo è. In questo il Pd sconta se stesso: nato per prendere il governo ha innescato al proprio interno una dinamica coerente; tutto il resto, per dirla con la canzone di Califano, è noia!
Solo che qui è in ballo l’Italia e la democrazia repubblicana nonché l’offesa viscerale apportata a entrambe da Silvio Berlusconi; ma tutto questo sembra contare poco nella dimensione del governissimo a base anagrafica cui si contrappone quello a base confusa.
Altro che nuovo che avanza; è solo l’Italia che arretra a passi veloci, dal piglio giovanile nonostante abbia compiuto da poco 150 anni.
10 commenti:
tutti che se la prendono con Renzi, che quasi mi ricordano la generale reazione dei trinariciuti contro i "magnancucchi" che invece avevano ragione da vendere, ma tant'è, non possiamo non deplorare chi si permette di dissentire dai nostri sempiterni leader. Però poi sono i Pisapia, i Demagistris, i Vendola e i Renzi che vincono le primarie e poi le elezioni. Rispetto agli altri, Renzi ha il gravissimo difetto di essere del PD, come si permette di prendersela con i suoi potenziali cooptatori? Il fatto che sia un potenziale vincente, non smuove i sostenitori della vecchia zitella che non balla con nessuno che non sia approvato da madre e zie, e così resta zitella. Io francamente non ne posso più della sinistra che ripete in coro i mantra di Repubblica, come i talebani le sure del Corano. Anzi, vi dirò che non sopporto la retorica di Repubblica e sono convinto che a fare costantemente il contrario di quel che dice si sbaglia di poco. Quanto alle trinariciute che insultano Renzi se si presenta a una manifestazione della sinistra, vadano a sfilare con gli italici fessi che preferivano i cannoni al burro...scusatemi, ma è anche ora di finirla di alzare la voce quando non si ha niente da dire.
Penso tutto il male possibile di Renzi, ma credo lo stesso di poter sottoscrive il 99 % di ciò che ha scritto Claudio Bellavita.
R
Renzi ha ragione nell'analisi di un partito, il PD, chiuso nelle sue diverse oligarchie, poco aperto all'esterno e per niente duttile nelle interpretazioni di fenomeni come quello in Puglia dove hanno insistito a portare Boccia, o a Napoli dove non avevano neppur preso in considerazione De Magistris e, fino a un certo punto, anche a Milano, con Pisapia. Renzi però sbaglia nelle soluzioni, nel momento in cui ripropone ricette liberiste che hanno dimostrato tutta la loro pericolosità nella difesa dei ceti deboli, ai quali deve guardare il PD, e nel favorire l'economia finanziaria che è all'origine della crisi dalla quale si vuole uscire. Credo, più in generale, che il PD debba trovare il modo di essere partito apertro e concreto, di sinistra, socialista se vogliamo, e che per arrivare a questo deve perdere quela tanto di togliattismo minore che ben è rappresentato da un D'alema.
Diego Zandel
Se ne sentiva il bisogno, di una dissertazione come quella di Paolo Bagnoli sull’ “Avvenire dei lavoratori”. E’ anzitutto un delizioso tuffo nel passato. Non conosco l’età di Bagnoli, dunque non so se ha attraversato gli anni Cinquanta oppure, ben più giovane, abbia fatto abile opera di assorbimento culturale di storia e cronaca, al punto da imitare perfettamente lo stile dell'epoca. Fatto sta che lo sforzo gli è riuscito brillantemente, e così ci riporta appunto a quell’epoca, sia per il linguaggio che per le immagini. Ho riletto l’articolo un paio di volte, per essere sicuro che non prendevo un abbaglio. Ma no, è tutto simil-vero: è tutto chiacchiera, è tutto retorica, è tutto ideologia, è tutto opinioni, è tutto giudizi di valore, è tutto battute. Una bolla d’acqua di “ismi”: populismo, radicalismo, rampantismo, partecipazionismo, confusionismo; manca solo una parola magica in omaggio a quei tempi: deviazionismo. Non uno straccio di fatto, non uno straccio di dato: come appunto vivessimo nei favolosi ‘50 e non nel 2010. La politica è anzitutto pancia e cuore, siamo d’accordo. Ma anche cervello: se non si vive nel presente, non si conosce l'economia, bella o brutta che sia, e non si fanno ragionamenti, non si va lontano. Cordialmente. Lorenzo Borla
Caro Lorenzo,
Bagnoli ha 62 anni, credo, e insegna Storia delle dottrine politiche a Siena-Arezzo. Biblion ha appena pubblicato un suo bel libro, sui rapporti tra democrazia e socialismo (La democrazia senza progetto) che a febbraio presenteremo come rosselli a Milano e, se vorrai, potrai confrontarti con lui. Non ti dimenticare però che, soprattutto, Bagnoli è fiorentino e quindi Renzi lo conosce meglio di noi... Infine, dalla lettera del nostro comune amico e compagno Nerio Nesi, direi che l'enfant prodige ("ho visto l'enfant, ma mi sono perso il prodige", secondo una vecchia battuta di Rossana Bossaglia riferita a Sgarbi) della Leopolda l'economia non la mastica tanto... Oppure la mastica fin troppo bene e vuole continuare a fare i regali ai soliti noti: non sarebbe ora di smetterla?
Un caro saluto
Giovanni
Ho letto anch'io il pezzo di Bagnoli su AdL e non mi pare dica cose particolarmente vetero, è un fiorentino un po' fumino che non le manda a dire.
A Torino abbiamo avuto il piacere di sentirlo il 25 ottobre scorso, è stata una buona serata in cui abbiamo ascoltato da un compagno che ragiona una analisi più che corretta su cosa è avvenuto in Italia in questi ultimi ventanni, il suo libro lo descrive con chiarezza ed obiettività.
Il problema che mi pare lui ponga nel suo pezzo su AdL è semplice e complicato allo stesso tempo:
riuscirà il PD a sopravvivere alla fine del Berlusconismo?
I Renzi, i mal di pancia di Prodi che attacca (ndr. teme di non farcela a diventare Presidente della Repubblica) Bersani perchè non fa crescere il PD, Veltroni che tace ma nell'ombra aspetta il momento per mollare la coltellata, sono segnali brutti di un PD che non ha un Progetto politico e che combatte sulla "forma", quella delle Primarie.
Ma pensiamo davvero che gli italiani, che frequanteno ormai in massa i ristoranti "della Caritas", si possano entusiasmare su questi problemi?
La cosa più drammatica è che, come sempre, i socialisti, tra cui metto anche noi, perdono tempo a fare i tifosi, o meglio a fare i "polli" di Renzi.
Ma secondo voi quando Turati venne sconfitto a Livorno (prese l'8%) si fermò a discutere il pensiero di Labriola o di Gramsci? Se non ricordo male si mise pancia a terra a costruire l'unità con il PSU di Matteotti. Dopo la sconfitta del 1948 Nenni si mise a discettare sul pensiero del PCI? No si mise a ricostruire un PSI autonomo.
Fraterni saluti
Dario Allamano
Caro Giovanni,
grazie per i chiarimenti. Quando si ha una reazione epidermica, come la mia, ovviamente si commettono parzialità (proprio il contrario di quello che raccomando). Sarò lieto di venire alla presentazione del libro di Bagnoli. Quanto all'economia, non sono riuscito ancora ad identificare, negli interventi della sinistra, la formula "socialdemocratica" per la soluzione della crisi. Come sempre è molto più facile analizzare, fermarsi sui dettagli, polemizzare, anatemizzare, che non fare la sintesi e presentare un insieme chiaro coerente e convincente. Eccetto un articolo di Pietro Modiano di qualche settimana fa, in cui proponeva con chiarezza una patrimoniale secca una tantum che riducesse il debito di 3/400 miliardi. Che sarebbe almeno un buon punto di partenza.
Cari saluti. Lorenzo
Caro Dario, d'accordo.
Una sola, doverosa precisazione. Nenni "si mise a lavorare per l'autonomia" solo dal 1953. Prima, fecero molto di più Lombardi e, paradossalmente ma non troppo, Morandi sul piano dell'organizzazione e i bassiani (come ad es. Gianni Bosio) su quello culturale e ideologico.
Ciao
Giovanni
Anch'io ho dovuto rileggere il commento inviato da Lorenzo Borla: l'affermazione che mancano dati fattuali nel pezzo di Bagnoli, ragionamenti seri, conoscenze adeguate al presente etc.
Ho riletto pure il pezzo di Bagnoli e, per dirne uno, il capoverso terzultimo "Bersani...etc.", cos'ha che non va? Un'analisi critica a margine di uno spettacolo coi suoi personaggi etc. fatta da uno studioso della materia; un film davanti agli occhi di tutti. Se poi si allarga l'inquadratura, c'è Renzi da sinistra che come Formigoni da destra va verso Casini al centro: un riaggrumarsi di quel che avanzava del nuovo.
Valeva la pena di lasciar passare Berlusconi in quelle poche ma clamorose occasioni anni 1996-2001 ?
Spiace o no che dopo tutto quel che è stato siamo a questo punto? L'opposizione universalmente non rassicura nessuno. Aspettiamo che passi la nottata. Intanto Berlusconi prende tempo davanti al crollo probabile di Mediaset in una coi titoli che ha in pancia Mediolanum - miliardi che gli saltano: finito il giro torna punto e daccapo e rischia di fare la fine di Gardini.
Facciamo che Renzi non sia uomo di marketing, scopritore di nuovi mercati, venditore di illusioni. Sicuro che è un buon continuatore del presente dal quale rifugge il 30% di italiani che a oggi continua a non voler andare a votare.
un saluto a tutti
Caro Lorenzo,
qualcosa mi pare che stia emergendo, pure in questa mailinglist e nel sito. Anche il recente libro di Rampini (Alla mia sinistra) indica chiaramente come modello quello delle socialdemocrazie del nord europa (e il Brasile).
Quanto a Modiano, non a caso presenterà, insieme a un giovane storico dell'economia, Luca Fantacci, il 25 novembre alla casa della cultura, l'ultimo libro di Giorgio Ruffolo, in una serata organizzata anche dal Rosselli.
Infine lo stesso Modiano terrà proprio una lezione sul fisco in una delle 10 lezioni sulla crisi (organizzate da Rosselli, casa della cultura e Network per il socialismo europeo) che inizieranno a fine gennaio.
Un caro saluto
giovanni
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