giovedì 14 ottobre 2010

Franco Bartolomei: I Limiti del doumento PFS-SPD

I Limiti del doumento PFS-SPD

14 commenti:

lanfranco ha detto...

Non mi convince il tono di franco che evoca una sorta di processo alle intenzioni dei due partiti nel momento invece in cui qualcosa comincia a muoversi nell'ossificato panorama del socialismo europeo.Tuttavia molte critiche di merito sembrano fondate,in particolare il silenzio sulla politica della BCE proprio quanndo è in atto la corsa alla svalutazione competitiva delle monete(ma il documento è del giugno scorso) e la debolezza della concezione del governo economico europeo,soprattutto con riferimento agli aggravati squilibri fra i diversi paesi.Non c'è dubbio che tutt'altro spessore ha la lettera dei 100 economisti italiani dello stesso periodo,in cui ci sono indicazioni che riprende anche franco nel suo commento.Trovo giusto porre al centro l'esigenza di un passaggio più chiaro verso il federalismo europeo,pena il rischio vero di disgregazione dell'europa.dovremmo però proporre passi in avanti sostenibili,evitando di ragionare come se la UE fosse equivalente agli USA:Giusta dunque la proposta dell'acquisto dei bond dei piggs da parte della bce.Irrealistica l'idea che il debito sia integralmente assumibile in sede europea.

Roberto ha detto...

interessante mi sembra la prospettiva di un diverso rapporto tra Bce e governo politico della UE. E' sicuramente un punto, insieme ad altri del significativo contributo di Franco, su cui sollecitare la discussione dl PSE.
Comunque è fuori di...scussione che il documento PSF-SPD segnala politicamente un complessivo riposizionamento a sinistra del Socilismo europeo, con cui la Sinistra italiana deve fare i conti

Peppe ha detto...

ha ragione Roberto: il documento segna un significativo spostamento a sinistra soprattutto della SPD. E Poi il documento è calibrato per una proposta di azione all'interno del Parlamento Europeo che ha poteri limitati. Da sottolineare l'idea della tassazione delle transazioni finanziarie e la modifica delle regole del commercio internazionale con l'introduzione del rispetto, nella concorrenza, dei diritti sociali. Ed infine la lotta contro il dumping salariale e fiscale nella UE

paolo ha detto...

Condivido le obiezioni di Lanfranco alle oservazioni di Franco.
Di Franco Bartolomei va apprezzato il non accontentarsi di un documento Spd-Ps che è ancora, come dice Lanfranco,
solo un primo passo. Ma la critica è valida se appunto la si sa contestualizzare nel lavoro che stanno compiendo gruppi, settori, nuovi leader e soprattutto fondazioni e think tanks della socialdemocrazia.
Senza questa contestualizzazione, questo è il punto, si rischia di cercare altri riferimenti, altri ambienti possibili da cui attendersi qualche sviluppo. Sia chiaro che non ci sono. Solo il socialismo riformista europeo (e in particolare la Spd) può compiere i passi decisivi per cambiare il dibattito socio-economico europeo. Pur con tutti i suoi notevoli limiti attuali.

Al lavoro compagni.

claudio ha detto...

Io ho il timore che a un certo punto della vicenda della svalutazione competitiva alla Federal Reserve scappi la mano, e si mettano a stampare troppi dollari. Non dico che rischiano di finire come il marco di Weimar, ma non capisco come fanno a pensare che in giro per il mondo ci sia gente disposta a investire in titoli in dollari, che gli stessi emittenti dicono di voler svalutare rispetto alle altre monete, e che per di più danno degli interessi irrisori. La difficoltà dell'Euro è che la BCE non può e non vuole stamparne troppi, Ma può emettere titoli a un tasso superiore a quello USA ma sempre più conveniente rispetto a quello che si pratica a molti stati dell'Euro. Per fortuna il sistema economico europeo, a differenza di quello giapponese, non è abituato a lavorare con tassi di interessi irrisori. Per ora, in Europa, mentre i governi prendono a pretesto una crisi sostanzialmente altrui per imporre misure impopolari, i soli che rischiano grosso sono quelli fuori dall'Euro, e prima di tutto la sterlina, le cui banche hanno anche folleggiato insieme a quelle USA.

Carlo ha detto...

E' giusto sottolineare il fatto che le politiche dei partiti socialisti europei devono essere più incisive nella difesa dei redditi, dell'occupazione e dei ceti più svantaggiati. Se infatti prevarranno le cure da "cavallo" con piani drestic...i di rietro dal debito, ci troveremo di fronte a politiche sempre più tese alla macelleria sociale di massa, e specialmente nel nostro paese, tanto che alla fine cresceranno quelli che sosterranno a spada tratta l'uscita dall'euro. Infatti se l'euro deve essere un capestro solo per congelare stipendi e tagliare servizi sociali, non solo non serve ma è addirittura molto dannoso

Mario ha detto...

Concordo con Lanfranco e quindi anche con parte delle osservazioni di Franco. Il documento PSF-SPD non sarà certo un nuovo "Capitale" di Marx ma di certo riprende (finalmente e necessariamente) temi e toni cari alla Sinistra più pura; aspet...ti, questi, che ritengo fondamentali nella sua valutazione complessiva all'indomani dell'ubriacatura filo-liberista di quasi tutti i più importanti partiti socialisti europei.
Inoltre credo che il peso di questo documento non sia stato del tutto ininfluente nella svolta avvenuta nel Labour inglese con l'elezione di Ed Miliband.
Personalmente è stato capace di farmi ricredere sul ruolo complessivo del PSE che negli ultimi anni ho visto penosamente adagiato su grigie ed appassite posizioni da PD europeo fondate sull'ineluttabilità del neo-liberismo globalizzatore.

Roberto ha detto...

Mi pare che vada sottolineato, come ricorda Turci, che il documento è del giugno scorso e pertanto non poteva tener conto di dinamiche successivamente evidenziatesi. E' comunque necessario che la riflessione sui temi in discussione venga sviluppata ulteriormente.

Felice ha detto...

La crisi del 1929 nonfu affrontata dalla sinistra sotto il profilo di come uscirne e come evitare che si ripeta. Per il filone comunista ma anche per la socialdemocrazia classica era colpa del capitalismo e stop.Le uniche proposte vennero dal filone liberale: Keynes per la politica economica e monetaria e Beveridge per il welfare. La sinistra non può sottrarsi al compito di indicare una proposta di uscita. Per chi è disoccupato, sottooccupato, ma anche per l'imprenditore che voglia investire interessa di meno sapere di chi sia la colpa della crisi, quanto, come dicevo, come uscirne. Le risorse anche pubbliche sono limitate, ma politicamente non è lo stesso tagliare il welfare o le spese militari, dimimnuire le tasse ovvero introdurre una patrimoniale. Tagliare le spese clientelari o i finanziamenti alla scuola pubblica. Questo dovrebbe essere un compito prioritario della sinistra, invece che discutere di metodi per la scdelta di un candidato premier del centro-sinistra, accettando la violenza della costituzione del duo Berlusconi Veltroni, che non a caso invocano la legittimazione in forza dei voti ricevuti nel 2008.Le critiche di Bartolomei a parti del documento congiunto SPD PSF non possono essere liquidate con un'alzata di spalle, ma non coglie l'inversione di tendenza, la critica alla globalizzazione liberista e la rivlutazione dell'intervento pubblico contro i guasti della finanza creativa e speculativa. La differenza di ricette per i paesi con i conti in ordine e quelli finanziariamente esposti non è un capriccio, alle elezioni i voti si racolgono in patria e non all'estero. In fin dei conti se per rilanciare pomigliano nel rispetto dei diritti dei lavoratori si dovessero licenziare operai polacchi o serbi, nessuno organizzerebbe manifestazioni in Italia. Credo chela teoria dei salari variabilei ndipendente abbia fatto il suo tempo, ma non che senza ristabilire la capacità di acquisto dei lavoratori costantemente sacrificata a rendite e profitti non c'è uscita dalla crisi.

Discutiamo di aumento della produttività, ma anche di ridistrubuzione dei vantaggi da questa derivanti. Un economia mista richiede anche una capacitò di decisione sui piani produttivi delle singole aziende di chi ci lavora e del sindacato su politica economica ed industriale nazionale, con un'ottica europea.Altro nodo da sciogliere. Il 16 ottobre ero totalmente a fianco della CGIL e della FIOM perché critico delle scelte di CISL e UIL, ma piuttosto che assalire le loro sedi, invece riproporre la creazione di un sindacato unitatro anche con momenti di spinta dal basso

Felice ha detto...

La crisi del 1929 nonfu affrontata dalla sinistra sotto il profilo di come uscirne e come evitare che si ripeta. Per il filone comunista ma anche per la socialdemocrazia classica era colpa del capitalismo e stop.Le uniche proposte vennero dal filone liberale: Keynes per la politica economica e monetaria e Beveridge per il welfare. La sinistra non può sottrarsi al compito di indicare una proposta di uscita. Per chi è disoccupato, sottooccupato, ma anche per l'imprenditore che voglia investire interessa di meno sapere di chi sia la colpa della crisi, quanto, come dicevo, come uscirne. Le risorse anche pubbliche sono limitate, ma politicamente non è lo stesso tagliare il welfare o le spese militari, dimimnuire le tasse ovvero introdurre una patrimoniale. Tagliare le spese clientelari o i finanziamenti alla scuola pubblica. Questo dovrebbe essere un compito prioritario della sinistra, invece che discutere di metodi per la scdelta di un candidato premier del centro-sinistra, accettando la violenza della costituzione del duo Berlusconi Veltroni, che non a caso invocano la legittimazione in forza dei voti ricevuti nel 2008.Le critiche di Bartolomei a parti del documento congiunto SPD PSF non possono essere liquidate con un'alzata di spalle, ma non coglie l'inversione di tendenza, la critica alla globalizzazione liberista e la rivlutazione dell'intervento pubblico contro i guasti della finanza creativa e speculativa. La differenza di ricette per i paesi con i conti in ordine e quelli finanziariamente esposti non è un capriccio, alle elezioni i voti si racolgono in patria e non all'estero. In fin dei conti se per rilanciare pomigliano nel rispetto dei diritti dei lavoratori si dovessero licenziare operai polacchi o serbi, nessuno organizzerebbe manifestazioni in Italia. Credo chela teoria dei salari variabilei ndipendente abbia fatto il suo tempo, ma non che senza ristabilire la capacità di acquisto dei lavoratori costantemente sacrificata a rendite e profitti non c'è uscita dalla crisi.

Discutiamo di aumento della produttività, ma anche di ridistrubuzione dei vantaggi da questa derivanti. Un economia mista richiede anche una capacitò di decisione sui piani produttivi delle singole aziende di chi ci lavora e del sindacato su politica economica ed industriale nazionale, con un'ottica europea.Altro nodo da sciogliere. Il 16 ottobre ero totalmente a fianco della CGIL e della FIOM perché critico delle scelte di CISL e UIL, ma piuttosto che assalire le loro sedi, invece riproporre la creazione di un sindacato unitatro anche con momenti di spinta dal basso

guido ha detto...

Sono d’accordo in generale con Felice. Quello che non si deve fare, però, da parte della sinistra, è di scimmiottare il pensiero unico, che tra l’altro è tutto meno che una via di uscita, ma proporre soluzioni innovative, anche se impopolari, su cui costruire un nuovo patto sociale. Non affrontare il problema a pezzi e bocconi, magari anche non sbagliati in generale, ma dannosi e catastrofici se applicati frammentariamente e sempre nell’interesse dei potenti. Le rendite corporative vanno abbattute, ma non ha senso cominciare dai tassisti. I punti chiave sono il debito pubblico e l’evasione fiscale. Non è sbagliato utilizzare il patrimonio pubblico per saldare i debiti, ma occorre che si faccia uno sforzo per consolidare tutto il debito pubblico con il patrimonio e fare una operazione su larga scala che abbatta il debito in modo significativo. L’evasione si può combattere, ma non se ne verrà mai fuori se l’utilizzatore finale non riceve una qualche forma di compenso per l’IVA che gli viene scaricata addosso: altrimenti se può non la paga, ma così cancella anche il corrispondente gettito IRPEF del fornitore. E poi c’è il problema del patrimonio, finanziario e immobiliare. Credo che se al proprietario di metri quadri si potesse dire, guarda che siamo obbligati a chiederti un tot al mq, altrimenti domani (non dopodomani) non avrai più medicine, ospedali e scuole per i tuoi figli e dovrai pagare persino l’aria che respiri (già lo si fa in costi sanitari) e noi ti garantiamo in cambio, con i soldi risparmiati sugli interessi, una scuola, dei tribunali, degli ospedali che funzionano e una polizia che sia presente ed efficiente, i cittadini risponderebbero positivamente. Io non sono un esperto e dico probabilmente cose ingenue, ma sono convinto che qualcosa del genere sia non solo possibile, ma anche necessario. Non vedo però le teste che ci ragionano su: non possono essere solo quelle che ogni giorno vediamo in tv a dire una cosa diversa ma sempre egualmente incomprensibile rispetto a quella del giorno prima. G

felice ha detto...

Seguendo il ragionamnto di Martinotti è posibile un alleanza con i percettori di redditi medio-alti e combattere l'evasione stabilento che i servizi pubblici universali sono per tutti senza barrire di reddito,che paradossalmente colpiscono i contribuenti virtuosi, Anche un mnilionrio in euro ha diritto di essere assistito dal SSN e di mandare i fugli gratuitamente ad una scuola pubblica, servizi che finanzia in proporzione ai suoi redditi e dopo una patrimoniale anche in proporzion alle sue sostanze. la deducibilità dell'IVA non può essere totale, piuttosto è meglio il sistema del'estrazione annuale delle spese ammese in detrazione di modo che per beneficiarne uno esiga sempre fattura o ricevuta.

guido ha detto...

Si più o meno è quello che penso, i dettagli tecnici non li posso elaborare,; mi piace l’idea dell’estrazione, io tempo fa avevo fatto una proposta a Padoa Schioppa (pubblicata anche sul Corriere) di permettere a ogni contribuente di scegliere la detrazione dell’IVA in toto o in parte, di un certo numero di fatture 5 o 10 all’anno. Entro certi limiti di valore (non troppo micragnosi) e di tipo di spese. Non ho in mente le grandi evasioni IVA per cui occorrono strumenti diversi e più sofisticati, ma i milioni e milioni di piccole transazioni che vengono fatte ogni anno in nero. Quante sono le famiglie in Italia? 22 milioni. Ciascuna ogni anno avrà fatto una qualche forma di spesa artigianale (auto,lavatrice, elettricità, gas piccoli lavori eccetera per non parlare di medici e dentisti e vacanze ) in larghissima misura se non nella quasi totalità evase. Quanto è l’ammontare di queste spese? Forse non tantissimo ma qualcosa attorno a 5 miliardi di euro mi sembra ragionevole. Per ogni euro IVA attualmente evasa (diciamo un miliardo)si potrebbe ipotizzare una detrazione dalla dichiarazione IRPEF dei contribuenti. Ma ogni euro detratto significherebbe un automatico aumento di pari importo nella partita IVA quindi se non mi si spiega il contrario l’erario andrebbe in pari. IN PIU’ però all’IVA dichiarata dovrebbe corrispondere una fattura e quindi l’emersione di un reddito che non si vede altrimenti. In più se aumenta il numero di contribuenti IVA l’Amministrazione finisce per meglio consolidare un panorama della base tassabile oggi totalmente sommersa e last but not least l’operazione sarebbe a costo zero per lo stato perché sarebbero i singoli cittadini a esigere (esigere la fattura, dico) ed esigere con il meccanismo della scelta o dell’estrazione con un forte moltiplicatore rispetto alla singola unità detratta. Ma soprattutto si guadagnerebbe un quantum non monetizzabile ma considerevole di fiducia del cittadino e di buone pratiche. Oggi ciascuno di noi dieci, venti e forse più volte l’anno si trova da solo a dover decidere se farsi complice di una evasione (piccola o grande non importa) oppure perdere dei denari. E’ un costo sociale oltre che finanziario davvero insopportabile.



Comunque questo è un mio pallino (ma no sono del tutto solo) e qualche esperto mi dirà che non si può. Ma santo cielo pensate qualcosa! Mi rifiuto di credere che non ci siano soluzioni a questo problema ma soprattutto di soluzioni che coinvolgano il cittadino. Credo che il patto con i ceti medi, che tra l’altro sono tutti in crisi, sia necessario e possibile, ma non passando da improbabili “aperture” non si sa bene su quale giardinetto interno della politica, ma offrendo un patto sociale ragionevole per tutti quelli che non sono marchiati a fuoco dal berlusconismo. Ma a parte la villa di più o meno cattivo gusto e cattiva finanza, avete visto nella trasmissione della Gabbanelli le facce (le facce!) di quella classe dirigente? Non sono Lombrosiano, ma mi hanno fatto paura. Con quelli non si pià fare nessun patto, ti mangiano anche la penna d’oca, ma con molti altri un ragionamento serio che spieghi che se non si pone rimedio in fretta tra poco l’anestesia del dentista o te la paghi tu o non te la faranno e che avremo sì 160000 architetti, ma i dentisti li dovremo importare dal Bangladesh, io credo si possa e si debba fare. Al loro ragazzi G

sergio ha detto...

Immaginifiche le proposte per un fisco più giusto, resta da trovare la base giuridica su cui fare leva per una proposta di legge decente.