comprendo le preoccupazioni espresse nell'intervista e tuttavia non capisco come la Prof.ssa Nadia Urbinati possa parlare in questi termini della presenza della Lega in Emilia Romagna,Occorre qualificare meglio il radicamento territoriale, capire come far funzionare i partiti della sinistra, con quali modelli federativi e su quali temi. Serve una grande discussione, ma nessuna imitazione della lega che resta partito di opinione (con propri media, radio, giornali, spazi sulle tv locali...). La professoressa Urbinati deve studiare meglio i flussi elettorali e ci deve spiegare - per esempio - perchè la Lega nel 2001 (dopo cinque anni di opposizione e di propaganda nella valle del Po) ha preso il 3%. La lega aveva più iscritti ed attivisti nella prima metà degli anni '90.
Il solito Ricolfi, che sembra il gemello politico di Panebianco, che ogni settimana ripete la stessa cosa sul Corrierone. Questa questione del PD che non ha sufficiente visione della "modernizzazione mancata" - fatta naturalmente di federalismo fiscale, sussidiarietà, deregulation e liberismo a oltranza - è proprio una fissa dei giornali di confindustria. I quali hanno giustamente (dal loro punto di vista) un sogno: quello di ritrovarsi in un sistema politico nel quale, chiunque vinca, destra o sinistra, si fa dettare la linea da Viale dell'Astronomia. Se ci è riuscito Ruini, si dicono un po' invidiosi, perché non dovremmo riuscirci anche noi ? Oltretutto con il governo Prodi del 2006, con Bersani che dava pacche sulle spalle alla Bonino felicitandosi della loro piena consonanza mercatista, ci erano andati davvero vicini. La linea "Tory" Blair de noantri. Poi, però, è arrivata la crisi mondiale. E con essa una nuova consapevolezza che se l'unica missione della sinistra è quella di fare con maggiore determinazione quello che la destra vorrebbe (e secondo gli iper-liberisti dovrebbe), ma non ha mai osato chiedere, la sinistra stessa è destinata all'estinzione. No Ricolfi (e Panebianco, ecc. ecc.), se Berlusconi e Tremonti non sono abbastanza zelanti nell'eseguire i voleri dei vostri editori, non guardate dalla nostra parte. Nonostante la grande confusione nella quale si trova, il centro-sinistra - e perfino il PD - una cosa forse l'ha capita. Che se imita la destra gli elettori scelgono sempre l'originale. Che non dobbiamo competere per realizzare lo stesso programma, ma dobbiamo proporre un programma diverso. Il problema è quale. Un problemino da niente .... :-))
Cosa c'è che non va nel Pd > > Autore: Luca Ricolfi > > Ci sono voluti alcuni giorni, ma alla fine anche nel Partito > democratico la verità comincia a farsi strada. Il Pd è andato > decisamente male. Nonostante le difficoltà del centrodestra, > nonostante le elezioni intermedie siano un'occasione d'oro per le > opposizioni, il Pd non è stato in grado di approfittarne. Qualcuno dà > la colpa a Bersani, ma molti dirigenti e militanti del partito si > rendono conto che il vero problema non è il segretario, ma la > mancanza di idee, e che senza idee non si andrà da nessuna parte. > > Da che cosa deriva la mancanza di idee del Pd? Un po' deriva, > ovviamente, dalla cultura politica della sinistra, che spesso > confonde gli slogan con le idee.
Parole d'ordine come inclusione, > solidarietà, integrazione, difesa dei deboli, non sono idee > politicamente efficaci finché non si è capaci di tradurle in > obiettivi chiari, convincenti, raggiungibili. Ma la vera origine > della mancanza di idee del Pd, a mio parere, è soprattutto un´altra: > è l'assenza di una diagnosi condivisa sulla società italiana. Senza > una diagnosi medica, nessuna terapia. Senza una diagnosi politica, > nessuna strategia. Questa assenza di una diagnosi, tuttavia, non è > l'espressione di un vuoto, ma la risultante di due visioni > dell´Italia che si elidono tra loro, e determinano la paralisi del > partito (e con essa l'impotenza del centrosinistra). >
> La prima visione si potrebbe definire dell'emergenza democratica. > Secondo questo modo di vedere le cose, in Italia la democrazia è in > pericolo, e lo è su tre fronti fondamentali: la libertà > dell'informazione, l'autonomia della magistratura, l'assetto > istituzionale. I fautori di questa visione ritengono che Berlusconi > stia scientemente e inesorabilmente erodendo le nostre libertà > fondamentali, e che quindi nessun dialogo o accordo sia possibile con > il Cavaliere. La convinzione profonda di questa componente del Pd è > che nulla di buono sia possibile finché c'è Berlusconi, e che quindi - > fino alla sua definitiva uscita di scena - l'unica cosa da fare sia > "resistere, resistere, resistere", secondo il celebre imperativo di > Borrelli. > > La seconda visione si potrebbe definire della modernizzazione > mancata. Secondo questo modo di vedere, il problema fondamentale > dell'Italia è la sua incapacità di crescere, un'incapacità che dura > da quasi un ventennio, non per colpa del solo Berlusconi, bensì a > causa della paralisi di tutto il ceto politico, di destra e di > sinistra. Per i fautori di questa visione il federalismo fiscale è > innanzitutto un'opportunità per tornare a crescere, e una sfida che > la buona politica lancia alla cattiva. Chi adotta questa seconda > visione, attenta alle ragioni della crescita, punta soprattutto sulle > riforme economico-sociali, e vede il federalismo come la più > importante di tutte le riforme. > > Dopo le elezioni regionali, e il conseguente rafforzamento della > Lega, la convivenza fra queste due visioni è diventata sempre più > difficile. Chi sottoscrive la diagnosi dell'emergenza democratica non > può che vedere con sospetto qualsiasi dialogo con un governo > presieduto da Berlusconi. Chi sottoscrive la diagnosi della > modernizzazione mancata è naturalmente portato a prendere sul serio > la scommessa del federalismo fiscale. Per i paladini della democrazia > il pericolo è che Berlusconi passi dalle parole ai fatti, perché il > loro incubo è il fascismo strisciante che avanza. Per i paladini > della crescita il rischio è che Berlusconi non passi dalla parole ai > fatti, perché il loro incubo è la prosecuzione del declino, > l´argentinizzazione lenta dell'Italia. > > > E´ probabile che la prima visione, quella dell´emergenza democratica, > sia ancora egemone nel Pd. e tuttavia mi sembra che la seconda > visione, più pragmatica e meno drammatizzante, stia guadagnando > posizioni. Recentemente mi è capi¬tato di ascoltare le parole di tre > sindaci del Pd, uno del Nord (Chiamparino, Torino), uno del Centro > (Renzi, Firenze), uno del Sud (De Luca, Salerno). Tutti e tre si > auguravano che il federalismo funzionasse davvero, e vedevano il > progetto della Lega non come una minaccia ma come una sfida da > raccogliere. Per loro la colpa più grande di Berlusconi non è di aver > reso l'Italia meno democratica, ma di non aver mantenuto nessuna > delle sue sostanziali promesse: più liberalizzazioni, più > meritocrazia, più crescita, meno tasse, meno sprechi, meno > burocrazia. > > Hanno ragione, in tanti anni non abbiamo visto realizzata nessuna di > queste cose. Eppure la promessa di una "rivoluzione liberale" risale > al 1994. Nel 2013, quando torneremo a votare, saranno passati > vent'anni (tanti quanti ne durò il fascismo), di cui gli ultimi > dodici quasi interamente sotto la stella di Berlusconi. Forse è > venuto il momento che il Partito democratico si ricordi delle ragioni > per cui è nato, e anziché criticare Berlusconi qualsiasi cosa faccia, > cominci a pretendere che le cose le faccia davvero. > > La Stampa, 4 aprile 2010 >
Sono certamente per continuare il dibattito come sollecitato da Besostri. Parto da questo articolo messo graziosamente a disposizione. Sono molto ma molto preoccupato che il PD si decida a perseverar nel suo destino di neoliberista come propone tranquillamente Ricolfi. Sono anche preoccupato della prima ipotesi indicata da Ricolfi. Il duo fascistoide Berlusconi-Bossi è veramente preoccupante. La tenaglia neliberista (tutto ai privati anche i servizi pubblici e i beni a monopolio naturale) - teocon (Vaticano-CEI Opus Dei) non mi pare da sottovalutare. E' sotto gli occhi di tutti l'attuale inarretabile avanzata. Che poi la Lega quando sarà possibile fare il consuntivo si rivelerà (così come è avvenuto alla fine del ventennio fascista l'autogol socio-economico) che invece che dare potere al campanile e al feudo ha dato tutto in mano alle multinazionali ... purtroppo sarà tardi. Resistere, resistere, resistere ... ora ! Luigi Fasce
E dagli! (: con tutto il rispetto) Dare conto di come si leggono i fatti offrendone un quadro analitico non vuol dire aderire al modello descritto. Penso che la Urbinati abbia espresso la sua opinione, non peregrina, sul perché e il come la Lega ha preso un fracco di voti alle regionali 2010. Argomenta. Mica l'ha scritto che la Lega è da imitare. Che la la lega ha preso uno sbadalaffio di voti nei "piccoli centri dell emilia romagna" è un fatto. Afferma sì che molti elettori di sinistra (pure nell'emilia rossa) hanno la tentazione di imitare contenuti e linguaggio della Lega (che ascolta, asseconda, cavalca, si adegua e rilancia, vince e governa ; poi non si capisce se i leghisti sono dei rozzoni o ci fanno). Imitazione che non porterebbe da nessuna parte, dice. (come la vecchia politica del dire una cosa e farne un'altra) E dice che "il modello del buon governo è altra cosa... narrazione... capacità immaginativa... ecc." (fa venire in mente Vendola, ma qual è il problema: che abbia ragione?). L'art. della prof. Urbinati non dà forse anche motivi di sprone, non dice forse anche qualcosa sul che fare? Saluto tutti, S
Alcuni si chiedono: e altri: . Di fronte a queste capitali domande, mi assale il ricordo di un piccolo episodio che mi è occorso qualche anno fa. Ero a cena con due amici di Cremona, l'industriale Auricchio e l'avvocato Castiglioni. Auricchio era in quel momento impegnato, non ricordo a quale titolo, con il Fondo per l'ambiente italiano della signora Giulia Maria Crespi. Il Fai era, come sempre, alla ricerca disperata di fondi e non se la passava bene. A un certo punto Auricchio alzò gli occhi dal piatto e disse meditabondo: La domanda rimase in sospeso per qualche secondo, poi Castiglioni disse: . Cari saluti. Lorenzo Borla
Io non ho scritto che il PD è di destra (onestamente sarebbe difficile, per me, esprimere in termini compiuti cosa è il PD e dove si trova: nel Parlamento italiano a sinistra? Ma non persegue proposte di sinistra; In quello Europeo non è socialista nè popolare... atc. atc. atc.) ho solo precisato che il PD è l'altra faccia del berlusconismo in quantoi con Veltroni prima e con Franceschini, poi, ha fagogitato il berlusconismo sulle leggi elettorali (per le elezioni politiche ed europee) è direttamente responsabile della creazione di un Parlamento di eletti (meccanismo utilizzato anche per la designazione degli eletti alle stesse primarie PD); il PD è fautore, quanto il PDçL della costruzione per artifizi di una politica fondata su due partiti unici. Meccanismo bocciato dallo stesso popolo di sinistra. Il PD è artefice della più grande vittoria alle politiche di un solo Partito (PDL). Il PD, in altri, termini, è il fedele servitore del berlusconismo.
9 commenti:
comprendo le preoccupazioni espresse nell'intervista e tuttavia non capisco come la Prof.ssa Nadia Urbinati possa parlare in questi termini della presenza della Lega in Emilia Romagna,Occorre qualificare meglio il radicamento territoriale, capire come far funzionare i partiti della sinistra, con quali modelli federativi e su quali temi. Serve una grande discussione, ma nessuna imitazione della lega che resta partito di opinione (con propri media, radio, giornali, spazi sulle tv locali...).
La professoressa Urbinati deve studiare meglio i flussi elettorali e ci deve spiegare - per esempio - perchè la Lega nel 2001 (dopo cinque anni di opposizione e di propaganda nella valle del Po) ha preso il 3%.
La lega aveva più iscritti ed attivisti nella prima metà degli anni '90.
Il solito Ricolfi, che sembra il gemello politico di Panebianco, che ogni
settimana ripete la stessa cosa sul Corrierone. Questa questione del PD che
non ha sufficiente visione della "modernizzazione mancata" - fatta
naturalmente di federalismo fiscale, sussidiarietà, deregulation e liberismo
a oltranza - è proprio una fissa dei giornali di confindustria. I quali
hanno giustamente (dal loro punto di vista) un sogno: quello di ritrovarsi
in un sistema politico nel quale, chiunque vinca, destra o sinistra, si fa
dettare la linea da Viale dell'Astronomia. Se ci è riuscito Ruini, si
dicono un po' invidiosi, perché non dovremmo riuscirci anche noi ?
Oltretutto con il governo Prodi del 2006, con Bersani che dava pacche sulle
spalle alla Bonino felicitandosi della loro piena consonanza mercatista, ci
erano andati davvero vicini. La linea "Tory" Blair de noantri.
Poi, però, è arrivata la crisi mondiale. E con essa una nuova consapevolezza
che se l'unica missione della sinistra è quella di fare con maggiore
determinazione quello che la destra vorrebbe (e secondo gli iper-liberisti
dovrebbe), ma non ha mai osato chiedere, la sinistra stessa è destinata
all'estinzione.
No Ricolfi (e Panebianco, ecc. ecc.), se Berlusconi e Tremonti non sono
abbastanza zelanti nell'eseguire i voleri dei vostri editori, non guardate
dalla nostra parte. Nonostante la grande confusione nella quale si trova,
il centro-sinistra - e perfino il PD - una cosa forse l'ha capita. Che se
imita la destra gli elettori scelgono sempre l'originale. Che non dobbiamo
competere per realizzare lo stesso programma, ma dobbiamo proporre un
programma diverso.
Il problema è quale. Un problemino da niente .... :-))
Luciano Belli Paci
Cosa c'è che non va nel Pd
>
> Autore: Luca Ricolfi
>
> Ci sono voluti alcuni giorni, ma alla fine anche nel Partito
> democratico la verità comincia a farsi strada. Il Pd è andato
> decisamente male. Nonostante le difficoltà del centrodestra,
> nonostante le elezioni intermedie siano un'occasione d'oro per le
> opposizioni, il Pd non è stato in grado di approfittarne. Qualcuno dà
> la colpa a Bersani, ma molti dirigenti e militanti del partito si
> rendono conto che il vero problema non è il segretario, ma la
> mancanza di idee, e che senza idee non si andrà da nessuna parte.
>
> Da che cosa deriva la mancanza di idee del Pd? Un po' deriva,
> ovviamente, dalla cultura politica della sinistra, che spesso
> confonde gli slogan con le idee.
Parole d'ordine come inclusione,
> solidarietà, integrazione, difesa dei deboli, non sono idee
> politicamente efficaci finché non si è capaci di tradurle in
> obiettivi chiari, convincenti, raggiungibili. Ma la vera origine
> della mancanza di idee del Pd, a mio parere, è soprattutto un´altra:
> è l'assenza di una diagnosi condivisa sulla società italiana. Senza
> una diagnosi medica, nessuna terapia. Senza una diagnosi politica,
> nessuna strategia. Questa assenza di una diagnosi, tuttavia, non è
> l'espressione di un vuoto, ma la risultante di due visioni
> dell´Italia che si elidono tra loro, e determinano la paralisi del
> partito (e con essa l'impotenza del centrosinistra).
>
> La prima visione si potrebbe definire dell'emergenza democratica.
> Secondo questo modo di vedere le cose, in Italia la democrazia è in
> pericolo, e lo è su tre fronti fondamentali: la libertà
> dell'informazione, l'autonomia della magistratura, l'assetto
> istituzionale. I fautori di questa visione ritengono che Berlusconi
> stia scientemente e inesorabilmente erodendo le nostre libertà
> fondamentali, e che quindi nessun dialogo o accordo sia possibile con
> il Cavaliere. La convinzione profonda di questa componente del Pd è
> che nulla di buono sia possibile finché c'è Berlusconi, e che quindi -
> fino alla sua definitiva uscita di scena - l'unica cosa da fare sia
> "resistere, resistere, resistere", secondo il celebre imperativo di
> Borrelli.
>
> La seconda visione si potrebbe definire della modernizzazione
> mancata. Secondo questo modo di vedere, il problema fondamentale
> dell'Italia è la sua incapacità di crescere, un'incapacità che dura
> da quasi un ventennio, non per colpa del solo Berlusconi, bensì a
> causa della paralisi di tutto il ceto politico, di destra e di
> sinistra. Per i fautori di questa visione il federalismo fiscale è
> innanzitutto un'opportunità per tornare a crescere, e una sfida che
> la buona politica lancia alla cattiva. Chi adotta questa seconda
> visione, attenta alle ragioni della crescita, punta soprattutto sulle
> riforme economico-sociali, e vede il federalismo come la più
> importante di tutte le riforme.
>
> Dopo le elezioni regionali, e il conseguente rafforzamento della
> Lega, la convivenza fra queste due visioni è diventata sempre più
> difficile. Chi sottoscrive la diagnosi dell'emergenza democratica non
> può che vedere con sospetto qualsiasi dialogo con un governo
> presieduto da Berlusconi. Chi sottoscrive la diagnosi della
> modernizzazione mancata è naturalmente portato a prendere sul serio
> la scommessa del federalismo fiscale. Per i paladini della democrazia
> il pericolo è che Berlusconi passi dalle parole ai fatti, perché il
> loro incubo è il fascismo strisciante che avanza. Per i paladini
> della crescita il rischio è che Berlusconi non passi dalla parole ai
> fatti, perché il loro incubo è la prosecuzione del declino,
> l´argentinizzazione lenta dell'Italia.
>
>
> E´ probabile che la prima visione, quella dell´emergenza democratica,
> sia ancora egemone nel Pd. e tuttavia mi sembra che la seconda
> visione, più pragmatica e meno drammatizzante, stia guadagnando
> posizioni. Recentemente mi è capi¬tato di ascoltare le parole di tre
> sindaci del Pd, uno del Nord (Chiamparino, Torino), uno del Centro
> (Renzi, Firenze), uno del Sud (De Luca, Salerno). Tutti e tre si
> auguravano che il federalismo funzionasse davvero, e vedevano il
> progetto della Lega non come una minaccia ma come una sfida da
> raccogliere. Per loro la colpa più grande di Berlusconi non è di aver
> reso l'Italia meno democratica, ma di non aver mantenuto nessuna
> delle sue sostanziali promesse: più liberalizzazioni, più
> meritocrazia, più crescita, meno tasse, meno sprechi, meno
> burocrazia.
>
> Hanno ragione, in tanti anni non abbiamo visto realizzata nessuna di
> queste cose. Eppure la promessa di una "rivoluzione liberale" risale
> al 1994. Nel 2013, quando torneremo a votare, saranno passati
> vent'anni (tanti quanti ne durò il fascismo), di cui gli ultimi
> dodici quasi interamente sotto la stella di Berlusconi. Forse è
> venuto il momento che il Partito democratico si ricordi delle ragioni
> per cui è nato, e anziché criticare Berlusconi qualsiasi cosa faccia,
> cominci a pretendere che le cose le faccia davvero.
>
> La Stampa, 4 aprile 2010
>
Sono certamente per continuare il dibattito come sollecitato da
Besostri.
Parto da questo articolo messo graziosamente a disposizione.
Sono molto ma molto preoccupato che il PD si decida a perseverar nel
suo destino di neoliberista come propone tranquillamente Ricolfi.
Sono anche preoccupato della prima ipotesi indicata da Ricolfi.
Il duo fascistoide Berlusconi-Bossi è veramente preoccupante. La
tenaglia neliberista (tutto ai privati anche i servizi pubblici e i
beni a monopolio naturale) - teocon (Vaticano-CEI Opus Dei) non mi
pare da sottovalutare. E' sotto gli occhi di tutti l'attuale
inarretabile avanzata. Che poi la Lega quando sarà possibile
fare il consuntivo si rivelerà (così come è avvenuto alla fine del
ventennio fascista l'autogol socio-economico) che invece che
dare potere al campanile e al feudo ha dato tutto in mano alle
multinazionali ... purtroppo sarà tardi.
Resistere, resistere, resistere ... ora !
Luigi Fasce
E dagli! (: con tutto il rispetto) Dare conto di come si leggono i fatti offrendone un quadro analitico non vuol dire aderire al modello descritto. Penso che la Urbinati abbia espresso la sua opinione, non peregrina, sul perché e il come la Lega ha preso un fracco di voti alle regionali 2010. Argomenta. Mica l'ha scritto che la Lega è da imitare. Che la la lega ha preso uno sbadalaffio di voti nei "piccoli centri dell emilia romagna" è un fatto. Afferma sì che molti elettori di sinistra (pure nell'emilia rossa) hanno la tentazione di imitare contenuti e linguaggio della Lega (che ascolta, asseconda, cavalca, si adegua e rilancia, vince e governa ; poi non si capisce se i leghisti sono dei rozzoni o ci fanno). Imitazione che non porterebbe da nessuna parte, dice. (come la vecchia politica del dire una cosa e farne un'altra) E dice che "il modello del buon governo è altra cosa... narrazione... capacità immaginativa... ecc." (fa venire in mente Vendola, ma qual è il problema: che abbia ragione?). L'art. della prof. Urbinati non dà forse anche motivi di sprone, non dice forse anche qualcosa sul che fare?
Saluto tutti,
S
Alcuni si chiedono: e altri: . Di fronte a queste capitali domande, mi assale il ricordo di un piccolo episodio che mi è occorso qualche anno fa. Ero a cena con due amici di Cremona, l'industriale Auricchio e l'avvocato Castiglioni. Auricchio era in quel momento impegnato, non ricordo a quale titolo, con il Fondo per l'ambiente italiano della signora Giulia Maria Crespi. Il Fai era, come sempre, alla ricerca disperata di fondi e non se la passava bene. A un certo punto Auricchio alzò gli occhi dal piatto e disse meditabondo: La domanda rimase in sospeso per qualche secondo, poi Castiglioni disse: . Cari saluti. Lorenzo Borla
Io non ho scritto che il PD è di destra (onestamente sarebbe difficile, per me, esprimere in termini compiuti cosa è il PD e dove si trova: nel Parlamento italiano a sinistra? Ma non persegue proposte di sinistra; In quello Europeo non è socialista nè popolare... atc. atc. atc.) ho solo precisato che il PD è l'altra faccia del berlusconismo in quantoi con Veltroni prima e con Franceschini, poi, ha fagogitato il berlusconismo sulle leggi elettorali (per le elezioni politiche ed europee) è direttamente responsabile della creazione di un Parlamento di eletti (meccanismo utilizzato anche per la designazione degli eletti alle stesse primarie PD); il PD è fautore, quanto il PDçL della costruzione per artifizi di una politica fondata su due partiti unici.
Meccanismo bocciato dallo stesso popolo di sinistra.
Il PD è artefice della più grande vittoria alle politiche di un solo Partito (PDL).
Il PD, in altri, termini, è il fedele servitore del berlusconismo.
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