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domenica 3 novembre 2024
Roberto Biscardini: Socialisti contro la guerra
SOCIALISTI CONTRO LA GUERRA
Roma 19 ottobre 2024
Intervento di Roberto Biscardini
È evidente che ci troviamo di fronte ad una situazione che non ha precedenti nella storia recente dell’umanità.
Con fronti di guerra sostanzialmente accettati e subiti dalla comunità internazionale, subiti dalla politica e dalla diplomazia.
Guerre che non vengono fermate e che, anche per questo, potrebbero favorirne altre.
In un mondo che non riesce a fermare un uomo, che per salvare sé stesso, agisce fuori da qualunque regola del diritto internazionale, mettendo a rischio la pace mondiale.
1 E questo avviene con il sostanziale silenzio dei governi occidentali nonostante la maggioranza dell’opinione pubblica di tutto il mondo sia contro l’aggressione criminale del governo di Israele nei confronti del popolo palestinese.
2 E avviene nonostante persino in Israele l’opinione pubblica vorrebbe la fine della guerra, ma si trova per le mani una democrazia debole che non riesce a fermare un uomo, senza bisogno di uno spargimento di sangue. Un parlamento che non ha la forza di alzare la mano per mandare a casa i propri governanti, con comunità ebraiche in tutto il mondo troppo silenziose, quando addirittura non condizionate dalle aree più fanatiche e integraliste ancorché minoritarie del popolo ebraico
3 Con le stesse famiglie degli ostaggi che chiedono a Netanyahu di fermarsi e di scegliere il terreno della tregua
Anche per questo è importante questa iniziativa promossa dalla federazione romana dal Psi perché dimostra che da qui si può costruire, sui contenuti e sulle cose da fare, un’idea unitaria del socialismo.
Nel merito. Stando alle ultime notizie in medio oriente non siamo di fronte solo ad un’escalation militare, a Gaza come in Libano, ma anche ad una catastrofe umanitaria organizzata scientificamente da Netanyahu affinché oltre ai morti sotto i bombardamenti si aggiungano i morti per fame e di stenti.
L’obiettivo è lo sterminio di un popolo e ridurre tutta la regione in un cumulo di macerie. E questo non dovrebbe essere accettato da nessuno.
Infatti i morti sono molti di più di quelli accertati, perché a coloro (uomini donne e bambini) che sono morti per gli attacchi militari, bisogna aggiungere le persone che muoiono dopo essere state ferite, o per assenza di acqua e di cibo, e per aver contratto malattie conseguenti alla distruzione indiscriminata delle città.
In poco tempo alla mattanza di Gaza, alla colonizzazione della Cisgiordania, all’invasione del Libano siamo arrivati alla minaccia di una guerra contro l’Iran, e il mondo che è sull’orlo di una catastrofe sta a guardare.
La reazione affinché l’escalation si fermi è debole.
Se il mondo parlasse, se l’Europa fosse un’altra, se la politica del governo italiano non fosse complice di una politica solo atlantista, che ha enormi responsabilità sia nei crimini della guerra in Medioriente e sia nella guerra tra Russia e in Ucraina, se anche la sinistra avesse maggiore coraggio e si possa dire BASTA tutti insieme, non ci sarebbe bisogno di un incontro come questo.
Ecco perché oggi siamo qua, e dobbiamo farlo perché farlo È UN DOVERE E NON BISOGNA STARE ZITTI.
È un dovere prendere posizioni (così come abbiamo iniziato a farlo proprio qui a Roma in queste sale, in un’iniziativa di Critica Sociale qualche mese fa, lanciando l’idea di un movimento per il socialismo che avesse tra propri obbiettivi quello di impegnarsi con chiarezza contro la guerra e la cultura della guerra troppo forte in tutto l’occidente.
È un dovere esserci ovunque sia possibile.
Farlo pur in un momento in cui la debolezza di una forza socialista anche a livello internazionale, colloca spesso la sinistra su posizione che non dovrebbero appartenergli, incapace di guardare lontano e di cogliere la gravità delle conseguenze disastrose di ciò che a breve potrebbe succedere.
Farlo contro chi la guerra la promuove, la sostiene e la alimenta con soldi, armi e propaganda, perché questo è nel DNA del socialismo italiano ed europeo.
È dall’Internazionale del 1889 che i socialisti discutono del tema della guerra e del come prevenirla in quanto strumento dei nostri antagonisti. E delle classi dominanti.
I socialisti condannarono ogni guerra al Congresso di Stoccarda e a quello di Basilea del 1912 in quanto guerra fra capitalisti.
E lo fecero alle soglie della prima guerra mondiale.
Nel luglio 1914 l’Avanti titolava a prima pagina “Verso un nuovo macello dei popoli. Abbasso la guerra!” Nella convinzione che i cittadini e la classe lavoratrice fossero in condizioni con ogni mezzo di fermarla.
Una posizione netta e intransigente che, nel centenario della morte di Giacomo Matteotti è doveroso ricordare per la sua attualità.
È dell’ottobre del 1914 la presa di posizione di Matteotti circa la possibilità del ricorso all’insurrezione per impedire l’ingresso dell’Italia in guerra.
Neutralismo, pacifismo integrale e internazionalista.
Fino all’estremo rimedio della agitazione rivoluzionaria. Perché Matteotti pensava, per esempio al contrario di Turati, che con la guerra “con il suo carico di morti e sofferenze economiche da sempre a carico delle classi meno abbienti imponesse un’azione più decisa del partito socialista per evitarla, fino ad immaginare lo sciopero generale insurrezionale”.
I socialisti italiani furono in quegli anni tra i grandi partiti della sinistra europea quelli più intransigenti, fedeli alla visione pacifista dell’internazionale socialista che rappresentò per lunghi anni la speranza di un mondo migliore e senza guerre.
Ma la storia pacifista dei socialisti italiani non finisce qui.
Bisogna ricordare Nenni nell’immediato dopo guerra. È l’avvio di una lunga fase della politica di distensione tra est e ovest che troverà in modo particolare con la Bad Godesberg del 1969 il punto più alto per contrastare per via diplomatica la Guerra Fredda.
E contemporaneamente, quante volte i socialisti della mia età sono stati in piazza contro la guerra del Vietnam, o in difesa dei movimenti di liberazione contro le dittature e i regimi totalitari?
Non è sbagliato partire dal passato per affrontare il presente ed evitare un futuro drammatico.
Di fronte al pericolo di una nuova catastrofe è un dovere dei socialisti agire, esserci, per dare il proprio contributo ed evitare le conseguenze micidiali delle guerre attuali che rischiano, senza alcun limite ad alimentare l’odio tra popoli e tra le persone, per generazioni e generazioni, guerre che si configurano come guerre preventive che dietro un ipocrita “diritto alla difesa”, magari addirittura in nome della democrazia, hanno come obiettivo non di sconfiggere l’avversario ma di distruggerlo.
Un terrorismo di Stato che produrrà a catena nuovo terrorismo. Senza mettere mai in conto l’ipotesi di un intervento della diplomazia per raggiungere una tregua o addirittura in violazione del diritto internazionale e dei diritti umani, individuali e collettivi. Negando un ruolo attivo delle Nazioni Unite.
Noi socialisti siamo dalla parte delle persone, siamo dalla parte dei popoli, di tutti quelli che soffrono sia da una parte che dall’altra.
Siamo dalla parte dei diritti, e siamo contro la guerra perché il diritto principale delle persone è quello di poter vivere.
Per questo:
Chiediamo che il nostro Paese e l’Europa riconoscano subito la Palestina, ancorché a distanza e in ritardo di 31 anni quando vennero ratificati gli accordi di Oslo, perché non può esistere un popolo senza Stato e senza terra.
Chiediamo che la comunità internazionale esca dall’immobilismo e sia anche l’ONU ad intervenire diplomaticamente in Medio oriente e in Ucraina come forze di interposizione tra israeliani e palestinesi, per garantire l’organizzazione degli aiuti, la fine delle ostilità, e la ricostruzione.
Oltre all’embargo delle armi e le sanzioni nei confronti di Israele.
Noi socialisti, in senso lato (non solo quelli anagrafici) possiamo svolgere, sia in Italia che in Europa, un ruolo protagonista per una politica di pace contro la guerra.
Perché disimparare il valore della pace avrà conseguenze incalcolabili per tutti.
Anche per questo, come è già stato annunciato, ci rivedremo presto, qui a Roma per dare continuità all’iniziativa di oggi, ma la prossima volta lo dovremo farlo coinvolgendo la comunità israeliana e quella palestinese.
Dobbiamo unire nuove forze a partire dalle tante associazioni socialiste, non tutte impegnate nello stesso modo, dobbiamo entrare nei circoli e nelle sezioni.
Qualche volta siamo stati criticati perché abbiamo partecipato a diverse manifestazioni, a partire da quella in Italia del 5 novembre 2022 e le tante che si sono succedute fino ad ora.
Lo faremo anche il 26 ottobre a Roma come a Milano e nelle altre città italiane, con o senza bandiere. Siamo nel movimento contro la guerra e dobbiamo fare la nostra parte.
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