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venerdì 26 aprile 2024
Paolo Bagnoli: Senza alcun pudore
ENZA ALCUN PUDORE
24-04-2024 - CRONACHE SOCIALISTE
Gli anni che hanno seguito il crollo del sistema politico fondato sui partiti sono quelli che registrano i termini liberali e liberalismo più di quanto ciò sia successo da quando l’Italia è divenuta repubblicana e democratica. In un Paese in cui il liberalismo, parliamo di quello vero e lo diciamo un po’ alla grossa poiché la questione meriterebbe una riflessione assai ampia, è sempre stato merce rara, dopo la caduta della prima repubblica non c’era chi non si dichiarava liberale, lo erano tutti; l’Italia, prima della pandemia del corona virus ha avuto quella del morbo liberale che ritroviamo albergante sia a destra sia a sinistra. Trattandosi di un Paese che, da quando esiste, ha sempre cercato di saltare la propria ombra, non c’è certo da stupirsi. Ma poiché l’Italia è un Paese singolare in quasi tutto va osservato che questa ventata di liberalismo e di liberali non era, leopardianamente, “vaga e indefinita”; nessuno faceva riferimento al parterre de roi del liberalismo ufficiale: Camillo Cavour, Benedetto Croce, Giovanni Giolitti, Luigi Einaudi, Marcello Soleri e potremmo continuare, ma a colui che, per alcuni non illustri studiosi del nostro pensiero politico, non considerano nemmeno un liberale: ossia, a Piero Gobetti.
La rivoluzione liberale – formula nella quale si condensa la visione storica, politico e dottrinaria di Gobetti – viene usata come il fine dell’azione politica di Massimo D’Alema e pure di Silvio Berlusconi; ciò la dice già tutta che non c’è bisogno di spendere altre parole. Pensavamo che, raggiunto il colmo, non si sarebbe andati avanti e, invece, ci eravamo sbagliati. Del nostro errore ci siamo accorti quando Mario Sechi, direttore del quotidiano “Libero” (14 marzo 2024) accosta Giorgia Meloni a Piero Gobetti poiché le parole della presidente del consiglio sulle tasse avrebbero evocato il fondatore de “La Rivoluzione Liberale”. Quanto detto dalla Meloni sulle tasse è, per Sechi, «una dichiarazione di liberalismo», aggiungendo che, di fatto, solo lui ha colto questo grande fatto che i più non avranno certamente afferrato. Insomma la Meloni, sempre secondo Sechi, non è «l’anima dello statalismo» – a vedere le vicende del PNRR sembrerebbe che invece è proprio così – ma tutt’altro, liberale fino al midollo in quanto, «Cambiare il Fisco per Meloni significa prima di tutto rispettare la Costituzione». E anche di questo non c’eravamo proprio accorti; meno male che Sechi ci ha messo sulla giusta strada.
Ora è vero che Gobetti nel 1922 critica il sistema fiscale italiano, ma il discorso di Gobetti con le parole e l’azione della Meloni e del governo che presiede non c’entrano per contesto, visione storica e ideologia politica. Proprio niente.
Non sappiamo quanto Sechi e la Meloni conoscano Gobetti, forse quest’ultima lo ha sentito almeno rammentare visto che morì nella lotta contro la dittatura a causa delle bastonate dei fascisti: parola, quest’ultima, che Giorgia Meloni nemmeno cita. Comunque, se proprio Fratelli d’Italia l’avesse voluta citare Gobetti avrebbe dovuto tentare di proporlo orizzontalmente e non verticalmente, se non altro per non lasciare il passato ridicolo tentativo alla memoria di D’Alema e di Berlusconi. Ma, come sappiamo, non c’è due senza tre: basta aspettare.
Non è questa la sede per andare almeno un po’ a fondo di cosa parli Gobetti quando tratta di liberalismo limitandoci a ricordare che, per lui, non è dal sostantivo che viene l’aggettivo bensì da libertà; la medesima cosa è per Carlo Rosselli e il suo Socialismo liberale, ma speriamo che dopo Gobetti Sechi non vada avanti: al già molto si aggiungerebbe il troppo.
Nel marzo 1922 Gobetti scrive: «Il liberalismo non è mai stato conservatore. Il liberalismo soddisfa l’esigenza conservatrice creando un governo, ma per arricchire la spiritualità della vita sociale non può agire che come forza rivoluzionaria, come opposizione ai falsi realismi, alle idolatrie dei fatti compiuti. La funzione del liberalismo è mancata il giorno in cui ha dovuto assumere una responsabilità di governo, senza e contro il popolo. […] Il liberalismo può estrinsecare la sua capacità creativa di uno Stato soltanto attraverso un autonomo processo di disciplina libertaria».
Le conclusioni vengono da sole e un po’ di pudore intellettuale non guasterebbe.
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