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mercoledì 23 novembre 2022
Valdo Spini: Italia è cultura
Italia è cultura. VII conferenza nazionale dell’Aici. “Le sfide degli anni ’20”
Valdo Spini
Relazione Introduttiva.: Le sfide della cultura
Autorità presenti, care amiche e cari amici,
Il primo saluto e il primo ringraziamento vanno alla città di Napoli che accoglie questa VII conferenza nazionale e in particolare a Biblioteca Nazionale e a Fondazione Banco di Napoli che ospitano le nostre sessioni di lavoro. La nostra conferenza ha ricevuto l’Alto patronato del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella un prezioso riconoscimento di cui siamo molto onorati. La nostra gratitudine va alla Direzione Educazione, Ricerca e Istituti Culturali del Mibac con cui abbiamo organizzato da Lucca in poi queste conferenze e alla Direzione generale delle biblioteche per la sua collaborazione.
Siamo ormai 150 soci distribuiti su tutto il territorio nazionale. Ci siamo dati una regola e cioè che le nostre conferenze nazionali si svolgano alternativamente in città del nord, del sud e del centro. Così è stato per la prima a Torino nel 2014, la seconda a Conversano nel 2015, la terza a Lucca nel 2016, e poi di nuovo al Nord, a Trieste nel 2017, a Ravello nel 2018, a Firenze nel 2019. Nonostante il lock down siamo riusciti a organizzare due convegni sia pure in forma ridotta, e parzialmente in remoto, nel 2020 a Milano e nel 2021 a Parma, capitale della cultura italiana per quell’anno. Logico quindi che ritornando ora ad una conferenza nazionale in piena regola si ricominci dal Sud, ed in particolare da una città come Napoli per il ruolo che svolge e che ha svolto nella cultura e nella società italiana. Abbiamo chiesto in questo senso ad uno storico del prestigio di Lucio Villari di svolgere un intervento sul tema “Cultura nazionale e Mezzogiorno d’Italia”. Vogliamo dare in tal modo il nostro contributo nel sottolineare la centralità del Mezzogiorno all’interno del più generale problema dello sviluppo della nostra nazione.
Voglio ricordare che con l’amico Ottavio Ragone, abbiamo curato e pubblicato nel 2016 un numero speciale della rivista “Quaderni del Circolo Rosselli” dal titolo “Quaranta voci per Napoli”, cui ha collaborato anche l’attuale sindaco Gaetano Manfredi con un articolo sull’Università di cui era allora Rettore. Nella mia introduzione, “La battaglia per Napoli”, definivo questa battaglia come necessaria non solo per Napoli ma per l’Italia tutta. So che questa battaglia oggi viene condotta ed è con questo spirito e questo impegno che svolgeremo la nostra VII conferenza nazionale.
L’Aici festeggia quest’anno i suoi trent’anni di vita. Nell’occasione è stata preparata una pubblicazione che ne rievoca la storia a cura di Andrea Mulas. Vorrei qui ringraziare i miei illustri predecessori nell’incarico di presidente: Gabriele De Rosa, Giuseppe Vacca, Francesco Paolo Casavola. Gerardo Bianco e Franco Salvatori. Senza la loro opera intelligente e appassionata non potremo oggi, qui, progettare un altro tratto di strada del nostro cammino.
Il nostro punto di riferimento è quello di sempre: l’art.9 della nostra Costituzione: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura”: un riferimento fondamentale per chi come noi opera in questo ambito.
Allora, un ringraziamento speciale va proprio alle amiche e agli amici dell’Aici, preceduto da un riconoscimento grato e affettuoso al segretario generale Valerio Strinati, che tanto si è impegnato per il successo di questa conferenza. L’associazione all’Aici è un atto del tutto volontario e se oggi siamo saliti al numero di 150 soci è perché nel mondo degli Istituti e delle Fondazioni culturali si è condivisa l’esigenza di mettersi in rete. Ciascuno dei nostri soci coltiva in piena autonomia la propria soggettività e la propria capacità di attrazione, ma intende valorizzarla nella conoscenza e nel confronto reciproco. I nostri istituti non sono monadi leibniziane chiuse in sé stesse. Al contrario intendono offrire la loro attività al dialogo e al confronto con le istituzioni consimili, consapevoli come siamo che o concorriamo tutti insieme ad elevare il tessuto culturale del paese, oppure di fatto arretreremo tutti insieme. È fonte di grande soddisfazione rilevare come sul territorio nazionale agiscano e producano cultura tante fondazioni e istituti che insieme contribuiscono ad elevare il livello della cultura e della conoscenza. Per valorizzare questo patrimonio abbiamo rinnovato e potenziato il nostro sito web www.aici.it mettendolo a disposizione di tutti i soci. Chi vi accede potrà avere una panoramica su come si articola il nostro mondo delle fondazioni e degli istituti culturali e sulle loro attività. Costituiamo tutti insieme una bella realtà della società civile italiana.
Abbiamo voluto chiamare le nostre conferenze nazionali “Italia è cultura”. Non, quindi, un’endiadi come avrebbe potuto essere Italia e Cultura, ma l’espressione di una vocazione. “Italia è Cultura” costituisce un’espressione densa di significato che sta ad indicare un tratto distintivo ed indelebile della nostra nazione, quella di essere stata tale nella lingua e nella cultura e ancor prima che ne fosse possibile realizzare l’unità politica e di possedere una particolare ricchezza non solo nei beni culturali materiali (monumenti, opere d’arte, paesaggio), ma anche in quelli immateriali, dalle tradizioni alla storia, fino al patrimonio intellettuale di competenze e di ricerche che siamo in grado di esprimere.
Arriviamo a questa conferenza con un bagaglio di realizzazioni e con una serie di impegni molto importanti. L’ampiezza della nostra base associativa ha dato all’Aici una larga e significativa rappresentatività e questo ci ha consentito di agire con autorevolezza.
Un risultato di grande rilievo raggiunto riguarda certamente le risorse disponibili. Nel 2014 ci eravamo trovati in una situazione che aveva visto, dopo la crisi finanziaria ed economica del 2007-2008, il dimezzamento dell’ammontare dei contributi totali del Ministero della Cultura Si era diffusa un’espressione, “La cultura non si mangia” che rifletteva un concetto del tutto mistificante di cultura. Ma la tendenza si è via via modificata e siamo arrivati con la legge di bilancio del 2022 non solo a riguadagnare tutto il terreno perduto, ma a fare molto di più. Il Ministero della Cultura ha potuto raddoppiare il contributo complessivo per le tabelle triennali e i contributi annuali, portandolo a 70 milioni di euro. Un incremento ragguardevole tanto più commisurandolo alla situazione del nostro mondo Sappiamo molto bene come per le nostre istituzioni culturali anche un piccolo aumento nel contributo possa significare veramente molto, possa cioè permettere il passaggio da uno stato di mero mantenimento ad una prospettiva di rilancio e di sviluppo.
Abbiamo ottenuto questo risultato non con lamenti o inutili piagnistei, ma facendo conoscere le nostre attività attraverso le nostre conferenze nazionali per poter mostrare alle istituzioni e all’opinione pubblica italiana cosa le Fondazioni e gli istituti stiano facendo, quale ricchezza rappresentino per la nostra nazione e quale contributo diano non solo alla cultura, ma anche alla società italiana e alla sua struttura democratica. In tal senso abbiamo anche sviluppato ricerche sul lavoro nelle Fondazioni e negli Istituti culturali che hanno censito circa 2000 fra collaboratrici e collaboratori attivi delle nostre istituzioni. Una ricerca che continuiamo a condurre e, proprio qui a Napoli, portiamo i risultati di un aggiornamento realizzato con il coordinamento attivo e sollecito della vicepresidente Siriana Suprani. Parlando di lavoro ci rivolgiamo in particolar modo alle giovani e ai giovani. Al nostro interno, continuiamo l’esperienza della partecipazione del gruppo degli “under 35”, alla cui formazione vogliamo concorrere per favorire il ricambio dei nostri gruppi dirigenti.
A questo proposito, vi sono alcuni problemi che vogliamo sottoporre all’attenzione del Ministero della Cultura. Molti dei nostri soci si sono interrogati o si interrogano se sia necessario o comunque opportuno passare ad ETS, enti del terzo settore, che sono posti sotto la vigilanza del Ministero del lavoro. Ma non si vede perché le Fondazioni o istituti culturali che hanno avuto il riconoscimento come tali, debbano assoggettarsi a mutamenti di statuto e di struttura per il timore di perdere le attuali prerogative fiscali (5x1000) o di status e di essere esclusi dai bandi nazionali ed europei. Tra i benemeriti enti di volontariato del terzo settore e le Fondazioni e gli istituti culturali ci sono notevoli differenze sia nella struttura che nelle rispettive attività. Ma nel nostro mondo molti soggetti temono che, se non ci si trasforma per entrare nel Registro del terzo settore (RUNTS) si perda l’attuale status con le prerogative connesse. Si deve invece ribadire da parte governativa che non è così, che chi vuole entrare nel Registro del terzo settore è liberissimo di farlo, ma chi vuole rimanere nell’attuale status col riferimento al Ministero della Cultura è altrettanto libero di farlo. Magari come propone lo stesso direttore Mario Turetta, creando anche un albo degli istituti e delle Fondazioni che hanno un rapporto col Ministero. Ribadiamo qui la proposta dell’estensione dell’Art Bonus anche alle nostre Fondazioni e ai nostri istituti.
Sottolineiamo l’importanza sia dei comitati per gli anniversari di interesse nazionale che dei centenari, e la nostra disponibilità a dare il massimo contributo in proposito. Un momento alto di questa collaborazione è stata la partecipazione con un nostro socio prestigioso l’Accademia della Crusca e il suo Presidente Claudio Marazzini, ad un’iniziativa per il centenario dantesco svoltasi al Gabinetto Vieusseux. Vorrei in proposito ricordare, la nostra partecipazione al centenario di Giacomo Matteotti con la petizione firmata da circa sessanta soci Aici, perché la Camera dei deputati gli intitolasse una sala, il che è avvenuto proprio il giorno 30 maggio u.s., nel giorno del discorso parlamentare che costò la vita al deputato socialista. Sono iniziate le attività per questo centenario e rivolgiamo un appello al Parlamento per il rilancio di quel progetto di legge per sostenerle che, come tutti sanno, è decaduto per lo scioglimento anticipato della legislatura.
Ci sono importanti iniziative che propongo all’attenzione dei nostri soci..
Mi riferisco all’attuazione della convenzione che abbiamo firmato il 28 luglio scorso con la presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Maria Chiara Carrozza per la nostra partecipazione al “Portale delle fonti per la storia della Repubblica” che la legge ha messo in capo al Cnr. Il portale ha l’obiettivo di strutturare in una collocazione unitaria tutte le informatizzazioni degli archivi e delle documentazioni realizzate dalle istituzioni culturali dello stato nonché dalle Fondazioni e istituti come i nostri. Proprio la nostra larga presenza può concorrere al successo di un’operazione fondamentale per mettere in rete e condividere tutto quanto costituisce una fonte per la storia della nostra repubblica. Uno dei nostri vicepresidenti, Sergio Scamuzzi è stato nominato referente per l’Aici dell’attuazione della Convenzione
Sappiamo molto bene che il Pnrr rappresenterà una grande occasione di innovazione e di trasformazione. Stiamo mettendo in opera varie iniziative per parteciparvi. Accogliamo intanto con piacere la notizia che è stato emanato il bando “Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura” della Missione I del Pnrr. Un bando tuttora aperto cui penso che chi può farlo si deve proporre di partecipare.
Nel frattempo, vogliamo costruire un’iniziativa proprio dell’Aici, con la partecipazione delle Fondazioni e degli istituti che lo vorranno, per presentare una proposta collettiva sui fondi dedicati del Pnrr. Ne discuteremo in questa conferenza nel gruppo di lavoro n. 2 su “Pnrr e le digitalizzazioni” in modo da concretizzare qui un primo documento in proposito, secondo le linee esposte a suo tempo nel’ esecutivo Aici da Federico Ruozzi.
Riproponiamo al nuovo ministro dell’Università e della Ricerca quel progetto di contratti di ricerca post-dottorato che avevamo invano proposto alla precedente ministro. Ribadiamo che le nostre Fondazioni e i nostri istituti hanno spazi e strumenti formativi per i giovani ricercatori che sono ben lontani dall’essere pienamente sfruttati e che, con un adeguato rapporto con le Università, potrebbero risultare utili anche per uno sviluppo dell’occupazione giovanile qualificata.
Non viviamo in una torre d’avorio e dunque non vogliamo ignorare che vi sono in atto grandi mutamenti nella politica italiana. Sono cambiamenti resi possibili dal nostro assetto costituzionale, democratico e repubblicano ed è con la fedeltà a questi valori di libertà e di pluralismo che il gioco democratico delle alternanze può svolgersi e articolarsi all’interno della necessaria coesione nazionale.
Al nuovo governo che si è appena formato, al nuovo parlamento che ha cominciato da poco a lavorare continueremo a rivolgere le nostre proposte, con l’auspicio di una proficua collaborazione in questi prossimi cinque anni.
Via via che svolgevamo le nostre conferenze “Italia è cultura” abbiamo dato loro dei sottotitoli. Quest’anno abbiamo scelto “Le sfide degli anni ‘20” proprio per proiettare le nostre riflessioni nel futuro partendo da un’analisi critica del presente.
Il contributo economico e sociale della cultura alla vita del paese è ormai un fatto dimostrato e acclarato. Cito tra tutti i documenti in proposito il rapporto di Federculture per il 2022 “Impresa Cultura”, denso di dati molto convincenti sul contributo del settore cultura all’economia nazionale.
Ma la cultura non si misura solo con un metro economico. Infatti, se facciamo nostra la definizione che dava Edgar Morin, cioè che "la cultura è l'insieme di abitudini, costumi, pratiche ,..saperi, regole…valori, miti che si perpetua di generazione in generazione" , cogliamo appieno i valori di identità e di coesione che, nella dialettica delle idee, la cultura rappresenta.
Allora dobbiamo dire che non è più tanto il concetto di cultura che cambia quanto gli strumenti e i modi di comunicazione della cultura stessa. Ciò avviene, per esempio, con la rivoluzione digitale di fronte a cui il nostro atteggiamento non è quello di utilizzare queste innovazioni per buttare via la “vecchia” cultura ma per riproporla in modo collegato all’attualità. Nuove e vecchie vie si incrociano e definiscono l’evoluzione delle idee, delle abitudini, dei saperi, definiscono valori. Quei valori umanistici, ambientali, di libertà, di giustizia e di solidarietà di cui la stessa politica oggi ha profondamente bisogno e che può trovare in un rapporto più stretto con la cultura.
Le sfide sono tante e complesse in un mondo percorso dalle disuguaglianze e che stenta a trovare la strada del conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile indicati dall’Onu per il 2030;un mondo esposto alle conseguenze del deterioramento dell’ambiente, in un ‘Europa in cui è tornata una guerra di aggressione di tipo novecentesco -quella della Russia contro l’Ucraina- ma in presenza di armi nucleari; in un mondo in cui le democrazie sono sfidate da regimi autocratici e in cui da tante parti sono conculcati i diritti civili. Pensiamo con grande solidarietà alle donne dell’Iran e dell’Afghanistan. Non dobbiamo dimenticarci dell’Africa che dopo avere conosciuto la piaga della siccità conseguente ai cambiamenti climatici, soffre oggi gli effetti della guerra in Europa in termini di approvvigionamento di beni alimentari di prima necessità.
Pensiamo all’aggressione della Russia all’Ucraina con il conflitto in atto, le sanzioni e le contro sanzioni. Le conseguenze economiche e sociali di tutto questo comportano nuove sfide cui la cultura non può sottrarsi. Ospiteremo a tal proposito una testimonianza dalla cultura ucraina durante i nostri lavori come gesto di solidarietà da parte dell’Aici e dei suoi associati.
La cultura è visione critica del mondo, ricerca continua, individuazione e comunicazione di valori universali. È solo forti di questi valori e di questi principi che si possono affrontare gli enormi problemi del nostro periodo storico.
Di fronte alla complessità delle sfide del nostro tempo, c’è anche chi chiama in campo giustamente la cultura, denunciando la mancanza di un adeguato dibattito e magari di protagonisti in grado di animarlo. Lo stesso Cardinal Ravasi in un ‘intervista recente (QN 4 gennaio) rievocava i grandi del passato, Pasolini, Bobbio padre Balducci, padre Turoldo lamentando la mancanza di personalità capaci di stimolare oggi questo dibattito. Ciascuno di noi probabilmente vorrebbe aggiungere o togliere questo o quel nome all’ elenco del Cardinal Ravasi che resta comunque molto significativo per lo spirito che lo anima..
Allora, come interpretare le linee di fondo delle problematiche in cui oggi ci troviamo e come affrontarle sul piano dei valori e dei principi. È un dovere morale e civile che la cultura italiana deve sentire come proprio.
Mi viene in mente un episodio di tutt’altro genere. Nel 2008 la Regina Elisabetta II durante una sua visita alla London School of Economics a sorpresa formulò un interrogativo. Ma perché voi distinti economisti non siete stati in grado di prevedere la crisi finanziaria del 2007? Si riferiva in particolare al cosiddetto credit crunch, la stretta creditizia, che allora tormentava l’economia.
Oggi, di fronte a tanti avvenimenti imprevisti, a cominciare dalla guerra in Europa, ci si può porre in un certo senso un interrogativo del genere, che va però presentato più alla politica che alla cultura. Perché non si è stati in grado di prevedere per tempo gli avvenimenti che in tutta la loro gravità si sono presentati di fronte a noi in questo secondo ventennio del XXI secolo?
La risposta è che in questi anni si è avuto un progressivo, pericoloso distacco tra politica e cultura. L’idea di un pragmatismo fine a sé stesso, di un tecnicismo non verificato in termini ideali e valoriali anche nei suoi aspetti geopolitici, si è rivelato di corto respiro e insoddisfacente, così come quello di pensare di rinchiudersi in confini meramente nazionalistici. Ma dall’altro lato anche la politica sprovvista di un orizzonte sufficientemente lungo da poter comprendere i grandi fenomeni di fondo che determinano quelli del giorno per giorno ha dimostrato tutti i suoi limiti. Oggi la necessità di ricostruire uno stretto rapporto tra cultura e politica è evidente.
In questa assise culturale dobbiamo dirlo e sottolinearlo con l’intento di riaprire un dibattito veramente fecondo Del resto “Politica e cultura” era il titolo di una non dimenticata opera di Norberto Bobbio, non a caso uno dei nomi fatti dallo stesso Cardinal Ravasi.
Cultura è volontà di conoscenza di tutto quanto ci circonda, di quanto ci piace ma anche di quanto non ci piace, ma è anche ricerca del bello e del bene, in uno spirito di libertà e di democrazia.
Dobbiamo quindi accogliere queste sfide che ci chiedono di non limitarci a coltivare lo spirito del passato, ma di cercare le vie del futuro con le nostre armi, quelle del pensiero critico, dello studio, della riflessione. Per aiutarci vicendevolmente in questo compito trent’anni fa è stata costituita l’Aici e per questo. siamo qui ad impegnarci nei lavori nella nostra VII conferenza nazionale.
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