venerdì 20 settembre 2019

Franco Astengo: La dinamica del sistema

LE DINAMICHE DEL SISTEMA di Franco Astengo La straordinaria estate 2019 sta per concludersi e gli scenari presenti nel sistema politico italiano (e in quello europeo) appaiono completamente trasformati rispetto a quelli analizzabili soltanto tre mesi fa. Mi rivolgo direttamente a tutti coloro che, dopo l’esito delle elezioni europee (fine maggio), si erano pronunciati – in varie forme e promuovendo diverse iniziative – per l’avvio di un vero e processo di “ricostruzione” della sinistra. Una “ricostruzione” che avrebbe dovuto anche collegarsi con le diverse tradizioni storiche, chiedendo a tutti di superare divisioni ormai anacronistiche e proponendo l’avvio di una riflessione approfondita attorno ai termini di una possibile innovazione di metodo e di merito nell’azione politica. A un certo punto, nei primi giorni d’agosto, era sembrata addirittura necessaria la costruzione di un vero e proprio fronte antifascista per affrontare elezioni convocate all’improvviso e nelle quali la posta in gioco sarebbe stata quella della qualità della democrazia in Italia e della difesa della Costituzione. Poi il quadro almeno all’apparenza all’improvviso è apparso cambiato per via di tre fatti; 1) L’elezione della nuova commissione europea e la formazione in sede di Parlamento Europeo della maggioranza definita “Ursula” 2) La formazione del governo PD – 5 stelle avvenuta, almeno in parte, in continuità con quanto accaduto proprio sul piano europeo; 3) La scissione dal PD dell’ala “renziana”. Renzi, infatti, tanto per riassumere con l’accetta sta tentando di formare un nuovo soggetto a trazione personale collocato in un’area di tipo liberal – democratica di stampo “macroniano” chiamando a raccolta non meglio identificati “moderati”. Così la prospettiva stessa rispetto alla quale molti avevano pensato al discorso della “ricostruzione” ha sicuramente mutato di segno, almeno nell’immediato, costringendo tutti a un discorso di rapido aggiornamento. Un’ulteriore prova questa della necessità di un ulteriore rapido aggiornamento della velocizzazione dei tempi nelle scelte politiche, un fenomeno frutto indubbiamente delle grandi novità introdotte dalle nuove tecnologie nel campo della comunicazione al riguardo delle quali, come è noto, qualcuno pretenderebbe l’esclusiva nell’uso del web per determinare le scelte. Inoltre dopo aver sbandierato l’ineluttabilità del connubio “taglio dei parlamentari/ proporzionale” (collegamento nella realtà del tutto campato in aria dal punto di vista della teoria politica) tornano a spirare venti di “maggioritario” e di revival del bipolarismo. In sostanza per chi pensa a un recupero “da sinistra”, si trova davanti a due strade: 1) Quella di limitarsi all’analisi dell’esistente cercando di valutare al meglio gli effetti della formazione del governo e della scissione renziana sul PD. Va evitata almeno a mio giudizio la tentazione di dare già per fatto un nuovo blocco politico posto in diretta relazione con il quadro di governo. Blocco politico da utilizzare già nelle prossime elezioni regionali. 2) Oppure proporsi lo sviluppo di un’analisi di lungo periodo da svilupparsi nell’idea di ricostruzione di un’autonoma soggettività di sinistra alternativa posta nel segno della riaffermazione della Costituzione repubblicana. Da tener conto che le ragioni dello spostamento progressivo a destra dell’asse politico italiano e la crescita dei soggetti provenienti direttamente dal turbine che era stato definito “antipolitica”rimangono fatti realmente avvenuti e fortemente incidenti sulla realtà in una dimensione sicuramente duratura e non effimera. In questo senso il punto da cui ripartire, almeno a mio giudizio, rimane quello del cambiamento di significato dei più importanti termini gramsciani, quelli sul quale abbiamo fondato storicamente una parte molto significativa dell’identità della sinistra italiana: 1) Sicuramente siamo dentro ad una “guerra di posizione” nel corso della quale però gli elementi di velocizzazione della decisionalità cui già si è accennato hanno determinato necessità inedite. Appare ormai inattuale il ripetersi di lunghe fasi nelle quali il sostentamento della sinistra poteva anche avvenire semplicemente attraverso l’espressione di una capacità rivendicativa posta sulla misura di una domanda di una radicalità di massa; 2) E’ mutato anche il segno del processo in atto di “rivoluzione passiva” che adesso continua a svilupparsi e a produrre i suoi effetti sociali basandosi sull’individualismo competitivo come connotato specifico attraverso la riscoperta dell’egoismo identitario e quindi della separatezza (anche razziale). Fenomeni molto diffusi tra le giovani generazioni. Il tema di fondo rimane però quello della democrazia e della sua crisi. Mi permetto così di insistere su di un punto che mi è capitato di sollevare già diverse volte anche in questi giorni: oggi è in pericolo la capacità del sistema di disporre di un’adeguata capacità di rappresentanza. Per sventare questo pericolo c’è bisogno di adeguate soggettività politiche che, proprio alla presenza di una così evidente riarticolazione della domanda sociale, producano reti fiduciarie più ampie e meno segmentate. Sorgono questioni di apertura verso le istituzioni e (per dirla con Putnam) di produzione di capitale sociale che esigono un’opera di “consolidamento democratico”: a questo punto i due estremi del nostro dibattito tra immediatezza delle scelte e riflessione sul “pensiero lungo” finiscono con l’intrecciarsi strettamente.

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