domenica 3 marzo 2013

Franco Astengo: RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI, COSTI DELLA POLITICA: UN'OPINIONE CONTROCORRENTE

RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI, COSTI DELLA POLITICA: UN'OPINIONE CONTROCORRENTE dal blog http://sinistrainparlamento.blogspot.it Nel corso della tormentata fase politica che stiamo vivendo, nell’immediato post – elezioni, è tornato a galla il tema della riduzione del numero dei parlamentari, quale chiave di volta per la riduzione dei cosiddetti “costi della politica”. Non sarà facile argomentare, in maniera convincente per i più, una posizione politica contraria, nell'immediato, alla riduzione del numero dei parlamentari. Corrono tempi di furia iconoclasta, di vera e propria rozzezza istituzionale, alimentata dalla crescita di scandali nell’utilizzo del denaro pubblico davvero di difficile sopportazione: dai casi Lusi, Fiorito, del gruppo IDV alle Regioni Lazio e Liguria, fino alla vicenda di queste ore legata al nome del senatore De Gregorio (anch’egli eletto inizialmente con l’IDV) è tutto un vero e proprio “florilegio” a sostenere l’argomentazione del puro “taglio lineare”. Tanto più che questa sembra essere l’opinione prevalente nel Movimento 5 Stelle, in questo momento riferimento essenziale per l’intero sistema politico italiano. In questo clima complessivamente sfavorevole è però necessario tentare la formulazione di un’opinione diversa da quella che ormai appare dominante, tentando di esporre alcuni argomenti, a mio giudizio, del tutto fondamentali in una prospettiva di recupero di un’idea di serio equilibrio istituzionale. Prima di tutto va fatto rilevare, come in frangenti di questo tipo, la soluzione ormai appare essere quella dei "tagli", sacrificando sempre, quando tocca alla "politica" possibili spazi di partecipazione e di rappresentatività democratica, senza pensare mai a una riforma seria al riguardo del ruolo e della funzione delle istituzioni (è accaduto con le comunità montane e con le circoscrizioni, si è tentato di farlo con le province). In secondo luogo deve essere fatto rilevare come il tema sia da impostare, invece, guardando ai "costi complessivi", e all'esistenza di privilegi che davvero, in particolare nella condizione in cui ci troviamo, dovrebbero far arrossire chi ne usufruisce. Partiamo dai rimborsi elettorali elargiti ai partiti (così pudicamente chiamati "rimborsi elettorali", dopo che l'esito di alcuni referendum avrebbe dovuto abolire il finanziamento pubblico): cifre esorbitanti, fuori da qualsiasi logica di mercato quasi come la compravendita dei calciatori, elargita a soggetti alcuni dei quali, a destra, al centro, a sinistra, non rispettano l'articolo 49 della Costituzione (fuori e dentro il Parlamento). Passiamo alla necessità di una verifica circa la realtà effettiva degli emolumenti dei parlamentari (non si tratta di tornare ai tempi del deputato-contadino Abbo di Imperia che, sprovvisto del denaro per pagarsi la pensione a Roma, utilizzava il "permanente" per dormire sul notturno Roma - Firenze e ritorno, ma una riflessione seria andrebbe fatta). Andiamo a vedere l'enorme sottobosco rappresentato dalle cosiddette "collaborazioni" che, in realtà, svanito il radicamento sociale e territoriale dei partiti, rappresentano semplicemente l'espressione dei "comitati elettorali permanenti" dei singoli (un frutto questo della scelta di accettare supinamente l'esaustività del meccanismo della "personalizzazione della politica", verificatosi dopo la "discesa in campo" del 1994 e mai affrontato attraverso la definizione del "conflitto d’interessi" e anzi imitato fino al sorgere, anche e addirittura, a sinistra di "partiti personali", e ancora alimentato dalle “primarie” vera e propria esaltazione del meccanismo dell’individualismo competitivo). Ancora, riflettiamo sull'estensione "fisica" dei palazzi del potere nel centro di Roma, ormai pressoché occupato tra Piazza del Popolo e Piazza Venezia da sedi della Camera e del Senato (evitiamo di fare l'elenco, sarebbe troppo lungo: immobili affittati a prezzi esorbitanti o acquistati fuori mercato per la gioia degli intermediari e della "nobiltà nera"). Compresa nell'elenco una terrazza posta in cima alla Galleria di Piazza Colonna, e trasformata in un "roof-garden". Un elenco, questo, del tutto sommario dei punti dolenti che dovrebbero essere affrontati proprio in tema di "costi della politica", altrimenti della riduzione del numero dei parlamentari che si tradurrebbe, alla fine, mantenendo le condizioni di privilegio attuali, in un ulteriore restringimento nel rapporto tra società e politica, di lontananza di un ceto dal "reale", della costruzione di una vera e propria oligarchia d’intoccabili e irraggiungibili. Sono tanti gli argomenti che dovrebbero essere affrontati e non è possibile farlo, per ovvie ragioni di economia del discorso. E' però necessario ricordare come ci si trovi davanti ad un parlamento di "nominati" (in realtà sono state le Regioni ad adottare per prime il sistema delle liste bloccate, attraverso i famigerati "listini", attraverso i quali promuovere oltre le igieniste dentali del cavaliere anche, senza colpo ferire i "pretoriani del principe"). Le Regioni rappresentano comunque un vero e proprio "buco nero" al riguardo del deficit politico italiano e pare non si abbia il coraggio di affrontare la questione, partendo dall'enormità degli apparati, cresciuti a dismisura da quando vige il meccanismo dell'elezione diretta e dal fallimento di due grandi operazioni di regionalizzazione: trasporti e sanità. Tornando alla legge elettorale occorre aggiungere che non sarà certamente il ripristino dei collegi uninominali a risolvere la questione: ricordiamo la gestione della distribuzione delle candidature nei collegi, eseguita con metodo spartitorio dalle coalizioni, con candidati "paracadutati" (Di Pietro nel Mugello, tanto per ricordare un caso eccellente) nei posti più impensati, esaltando la personalizzazione di personaggi davvero improbabili (quasi quanto quelli emersi dalla demagogica, da abolire immediatamente, elezione dei rappresentanti degli italiani all'estero). Siamo di fronte, quindi, a esigenze di mutamento nell’"agire politico", di razionalizzazione, di recupero delle funzioni, di applicazione della Costituzione (in questo senso non posso non rinnovare un ulteriore grido d'allarme). Temi molto più pregnanti e incisivi di quello semplicistico della riduzione del numero dei parlamentari. Il numero dei parlamentari deve garantire rappresentatività politica e territoriale e non si faccia, per carità, il discorso riguardante il senato USA, che ha funzioni ben diverse in un sistema dove i livelli elettivi sono molteplici, articolati e complessi nella distribuzione del potere. Sul piano della rappresentatività politica e territoriale torna a galla il tema della legge elettorale che dovrebbe rappresentare il primo punto da affrontare da parte del nuovo Parlamento dopo il balletto della scorsa legislatura dove alla fine tutti mascheravano semplicemente l’interesse a mantenere il pessimo sistema vigente che, consente, però ai partiti il massimo di un indiscriminato potere di nomina. Ricordo, infine, come ridefinito complessivamente il quadro istituzionale si potrà anche affrontare il nodo del numero dei parlamentari e del cosiddetto “bicameralismo paritario” o “ridondante” tra Camera e Senato e, rammentando in ultimo come, negli anni'80 il centro di Riforma dello Stato, presieduto da Ingrao e il PCI proponessero una Assemblea monocamerale di 400 componenti. Franco Astengo

5 commenti:

Gim ha detto...

Condividendo quasi alla lettera quanto scrivi, mi sono permesso di riportarlo integralmente sul nostro sito (Spazio Lib-Lab). Ma, con questi partiti (e quello di Grillo non si sottrae a questo giudizio, salvo che per la diversità della sua non-forma, che rappresenta un autoritarismo aggiornato alle nuove tecnologie), neanche un ipoteticamente perfetto sistema elettorale potrà dare grandi risultati. Grazie!

Gim Cassano

roel ha detto...

"Delenda est Carthago". Il risveglio popolare testimonia la necessità di un rinnovamento profondo e radicale se si ha a cuore il salvataggio della vera e sostanziale democrazia. Se non si ricava alcun insegnamento da questa mobilitazione pacifica del popolo di M5S, il futuro diventerà sempre più incerto e problematico per la convivenza pacifica. Necessita anche una drastica cura dimagrante, impedendo al Mostro dei privilegi, del malaffare, degli arricchimenti facili, dell'allegra finanza partitocratica, di parentopoli, del clientelismo, degli accaparramenti, del saccheggio, della corruttela, degli intrallazzi, dei manutengoli, dei tangentisti, ecc., di continuare a mordere. Bisogna allontanare i responsabili dello sfascio dalle mammelle dalle quali hanno succhiato per un trentennio con ingordigia il "latte" della Repubblica, fino a ridurla in condizione anemica ed esangue. Se non si riconquista la dimensione della Politica con la connotazione dell'etica, risulterà difficile risalire dal baratro in cui il Paese è stato precipitato. E risulta essere pia illusione o malafede interessata pensare che un tale rinnovamento sia possibile realizzare con gli stessi "musicanti" responsabili del degrado e dello sfascio. Bisognerebbe introdurre il reato di attentato all'immagine e al prestigio delle istituzioni e della democrazia, stanando le centinaia di Batnam e i loro protettori, da mandare in galera o ridurli in condizione di non nuocere, dopo averli mostrati al pubblico ludibrio.La gente che è vissuta o vive onestamente di lavoro, i pensionati che debbono mantenere i figli disoccupati, i giovani senza domani, quanti vivono con pensione di appena sopravvivenza, sono fortemente risentiti e "incazzati", specie con la politica di rigore e con i provvedimenti legislativi con cui sono stati scaricati i costi sui soliti noti: lavoratori e pensionati. I pannicelli caldi e i rammendi non servono più! Il camaleontismo degli aggiustamenti gattopardeschi cozza ormai con la forza delle cose e delle idee.Un saluto, Roel.

salvatore ha detto...

Un bel articolo, come quasi sempre sono le cose che scrivi.

Io credo che, entrando nel merito della legge elettorale, il punto da cui ripartire potrebbe essere questo punto, che fa parte del decalogo delle proposte del PSI:
(http://www.partitosocialista.it/site/ArtId__5108/306/555-ELEZIONI__IL_DECALOGO_SOCIALISTA.aspx )

LA COSTITUENTE. Il Psi da tempo ha lanciato la parola d'ordine della Costituente riprendendo uno slogan di Pietro Nenni nell'immediato dopoguerra ma valido ancor oggi: "O la Costituente o il caos". Oggi il caos istituzionale è la prassi della vita democratica italiana. Si vive in una situazione schizofrenica, in un sistema formalmente parlamentare ma sostanzialmente presidenziale.
La Costituzione resta quella del 1948 con la sola modifica del Titolo quinto, introdotta dal governo dell'Ulivo e poi messa in discussione dallo stesso governo Prodi per le numerose incongruenze introdotte nel rapporto tra stato e regioni. Per il resto le uniche modifiche introdotte in questi vent'anni di seconda Repubblica mai nata sono esclusivamente di natura elettorale. Il Psi porterà in Parlamento una riforma organica dello Stato, da varare attraverso un'Assemblea costituente, che dovrà scegliere tra parlamentarismo e presidenzialismo e solo in seguito tra proporzionalismo e maggioritario a uno o due turni. La preferenza del Psi è per un modello parlamentare di tipo tedesco, eventualmente con cancellierato, e per un proporzionale corretto, a cui si aggiunga la diminuzione del numero dei parlamentari e il Senato delle regioni

giovanni b. ha detto...

Caro Astengo, sono d’accordo con la sostanza del tuo ragionamento, almeno per quel che riguarda la Camera dei Deputati (ciò implica, di conseguenza, non essere d’accordo con la proposta di Ingrao che tu citi: che il PCI del centralismo democratico non avesse una grande sensibilità per la democrazia fondata sulla rappresentanza è notorio). Il Senato potrebbe invece essere, a mio parere, una camera molto meno numerosa con limitati compiti relativi alla tutela delle autonomie territoriali. Cari saluti. Giovanni Baccalini



felice ha detto...

Una posizione controcorrente perché chi ha provocato la crisi la vuol risolvere restringendo gli spazi della democrazia e per colpirla al cuore bisogna puntare in primo luogo agli organi elettivi rappresentativi privilegiando invece gli esecutivi. Purtroopo come in tutte le guerre sporche c'è una Quinta Colonna sono i parlamentari e i consiglieri regionali che si vendono anche la loro dignità, dissipano i soldi pubblici e non controlano gli esecutivi e i media che cercano gli scandali e non dicono nulla sull'incostituzionalità della legge elettorale.. Il 21 marzo la Cassazione e il 4 aprile il TAR Lazio dovrebbero pronunciarsi. Non lo sapevate e forse non lo sapreste mai leggendo i quotidiani e i settimanali e guardando la televisione.



Felice Besostri