mercoledì 19 giugno 2019

Bernie Sanders’ Democratic Socialism Speech Was a Landmark

Bernie Sanders’ Democratic Socialism Speech Was a Landmark

Ridefinire il rapporto tra economia e società

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Seduzioni e delusioni del neoliberismo

Seduzioni e delusioni del neoliberismo

La società dietro il voto

La società dietro il voto

Dopo le elezioni, la partita dell’Europa

Dopo le elezioni, la partita dell’Europa

TRENORD: SERVE UNA PROFONDA RIORGANIZZAZIONE |

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Franco D'Alfonso: STRATEGIE ELETTORALI: INSICURI? GHE PENSI MI |

STRATEGIE ELETTORALI: INSICURI? GHE PENSI MI |

martedì 18 giugno 2019

La spagnola Iratxe García Pérez presidente dei Socialisti e Democratici al Parlamento europeo - Eunews

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The modest performance of radical left parties in the European elections reflected their limited transnational cooperation | EUROPP

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Caso Csm, la mediocrità di Lotti e il giustizialismo che infetta l'Italia - Strisciarossa

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Il nazionalismo che viene dall’est e i sovranismi post comunisti | Jobsnews.it

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Dopo le elezioni europee: ammutinamenti elettorali e usi rischiosi della democrazia - Menabò di Etica ed Economia

Dopo le elezioni europee: ammutinamenti elettorali e usi rischiosi della democrazia - Menabò di Etica ed Economia

Reddito di cittadinanza e politiche attive del lavoro - Menabò di Etica ed Economia

Reddito di cittadinanza e politiche attive del lavoro - Menabò di Etica ed Economia

lunedì 17 giugno 2019

La difficile sfida del secondo mandato di Ada Colau - Jacobin Italia

La difficile sfida del secondo mandato di Ada Colau - Jacobin Italia

La Teoria Monetaria Moderna: un’illusione che abbaglia - La Città Futura

La Teoria Monetaria Moderna: un’illusione che abbaglia - La Città Futura

Fiscal Money Can Make or Break the Euro by Yanis Varoufakis - Project Syndicate

Fiscal Money Can Make or Break the Euro by Yanis Varoufakis - Project Syndicate

Franco Astengo: Mercato del lavoro

MERCATO DEL LAVORO:LA FRENESIA RIFORMISTA di Franco Astengo Totalmente priva di una strategia industriale, di un’idea di intervento pubblico in economia, avendo perso pezzi fondamentali nei settori strategici della produzione l’Italia, governata nel corso di questi anni da una pluralità di schieramenti politici, continua a trovare grandissime difficoltà ad esprimere un mercato del lavoro all’altezza della competizione internazionale e della possibilità di favorire sbocchi occupazionali adeguati in particolare alle aspirazioni delle giovani generazioni. L’Italia ha perso posizioni nei settori portanti dello sviluppo industriale: dalla siderurgia alla chimica, dall’elettromeccanico all’elettronico. In questa sede si ricorda come negli ultimi vent’anni si sia verificata una vera e propria “frenesia riformista” che non ha praticamente dato esito concreto. Abbiamo avuto: 12 riforme della giustizia per le imprese; 7 per l’ordinamento delle crisi di impresa; 7 del mercato del lavoro; 5 del sistema pensionistico 9 della tassazione d’impresa 8 della pubblica amministrazione. Fonte Corriere della Sera. 11 giugno scorso Una ridda di provvedimenti, in gran parte complicatori e nel caso delle riforme del mercato del lavoro alla fine orientate a far crescere in dimensione sempre più preoccupante la precarietà. Seguono senza commenti alcunj dati raccolti da varie fonti sull’andamento dell’occupazione nel nostro Paese dal 2010 al 2018, laddove si dimostra un andamento oscillatorio all’interno di una sostanziale stagnazione della crisi complessiva. Mi scuso per la schematicità purtroppo necessaria in casi come questi. 2010 Tra il 2009 e il 2010 l’occupazione italiana cala di 336.000 unità, con un tasso di occupazione in discesa dal 56,9% al 56,3%. L’occupazione straniera aumenta di 183.000 unità, ma il tasso di occupazione scende dal 64,5% al 63,1% (dal 77,7% al 76,2% per gli uomini e dal 52,1% al 50,9 % per le donne). Il tasso di occupazione complessivo si attesta al 56,9% (era pari al 57,5% nel 2009). A livello territoriale, alla riduzione dell’indicatore nel Nord e nel Centro si accompagna la nuova significativa flessione nel Mezzogiorno 2011 Tra il 2010 e il 2011 l’occupazione italiana diminuisce di 75.000 unità, a motivo del calo della sola componente maschile. L’occupazione straniera aumenta di 170.000 unità, ma il tasso di occupazione scende dal 63,1% al 62,3% (dal 76,2% al 75,4% per gli uomini e dal 50,9% al 50,5 % per le donne). Il tasso di occupazione complessivo si attesta al 56,9%, appena un decimo di punto al di sopra di quello del 2010. A livello territoriale, alla riduzione dell’indicatore nel Centro si accompagna il modesto incremento nel Nord e nel Mezzogiorno. Nella media del 2011, il tasso di disoccupazione è pari all’8,4%, invariato rispetto a un anno prima. L’indicatore, rimasto stabile nel Centro, registra una lieve flessione nel Nord (dal 5,9% al 5,8%) e una contenuta crescita nel Mezzogiorno (dal 13,4% al 13,6%) 2012 Nella media del 2012 l’occupazione diminuisce dello 0,3% su base annua (-69.000 unità). Come nel recente passato, il risultato sconta la differente dinamica delle componenti italiana e straniera. Tra il 2011 e il 2012 l’occupazione italiana cala di 151.000 unità, con il tasso di occupazione che si attesta al 56,4% (-0,1 punti percentuali). La discesa del numero degli occupati italiani riguarda i 15-34enni e i 35-49enni, mentre prosegue la crescita degli occupati con almeno 50 anni, presumibilmente a motivo dell’inasprimento dei requisiti anagrafici e contributivi per l’accesso alla pensione. L’occupazione straniera aumenta di 83.000 unità, ma il tasso di occupazione scende dal 62,3% al 60,6%. Nella media del 2012 il calo dell’indicatore interessa la sola componente maschile (dal 75,4% al 71,5%), a fronte del leggero incremento segnalato per le donne (dal 50,5% al 50,8%). Il tasso di occupazione complessivo si attesta al 56,8%, due decimi di punto al di sotto del 2011. A livello territoriale, la riduzione dell’indicatore riguarda tutte le ripartizioni ed esclusivamente la componente maschile. 2013 Nella media del 2013 l’occupazione diminuisce di 478.000 unità (-2,1%). La riduzione rimane più forte nelle regioni meridionali (-4,6%, pari a -282.000 unità). Prosegue il calo dell’occupazione maschile (-2,6%, pari a -350 mila) e torna a ridursi quella femminile (-1,4%, pari a -128 mila). La discesa del numero degli occupati riguarda i 15-34enni e i 35-49enni (rispettivamente -482.000 unità e -235.000 unità), cui si contrappone la crescita degli occupati con almeno 50 anni (+239.000 unità). Il tasso di occupazione si attesta al 55,6%, 1,1 punti percentuali al di sotto del 2012. La riduzione dell’indicatore riguarda entrambe le componenti di genere e tutte le ripartizioni, specie il Mezzogiorno. Tra il 2012 e il 2013 l’occupazione italiana cala di 500.000 unità, con il tasso di occupazione che si attesta al 55,3% (-1,0 punti percentuali). L’occupazione straniera aumenta in misura contenuta (+22.000 unità), ma il tasso di occupazione scende dal 60,6% del 2012 all’attuale 58,1%; la diminuzione interessa sia gli uomini (dal 71,5% al 67,9%) sia le donne (dal 50,8% al 49,3%). Il calo dell’occupazione interessa tutti i segmenti del mercato del lavoro: i dipendenti a tempo indeterminato (-190.000 unità, pari a -1,3%), i dipendenti a termine (-146.000, pari a -6,1%) e gli indipendenti (-143.000 unità, pari a -2,5%). Nella media del 2014, dopo due anni di calo, l’occupazione cresce (+0,4%, pari a 88.000 unità in confronto all’anno precedente), a sintesi di un aumento nel Nord (+0,4%) e nel Centro (+1,8%) e di un nuovo calo nel Mezzogiorno (-0,8%, pari a -45.000 unità). La crescita degli occupati interessa sia gli uomini (+0,2%, pari a 31.000 unità) sia, soprattutto, le donne (+0,6%, pari a 57.000 unità). Prosegue tuttavia il calo degli occupati 15-34enni e dei 35-49enni (rispettivamente -148.000 unità e -162.000 unità), a fronte dell’incremento degli occupati con almeno 50 anni (+398.000 unità). Il tasso di occupazione si attesta al 55,7%, +0,2 punti percentuali rispetto al 2013. L’indicatore rimane invariato per gli uomini e sale di 0,3 punti per le donne. Alla crescita nel Centro e nel Nord si contrappone il calo nel Mezzogiorno (-0,2 punti percentuali). 2014 Nel 2014 l’occupazione della componente italiana cala di 23.000 unità, con il tasso di occupazione 15-64 anni che sale al 55,4% (+0,1 punti percentuali). L’occupazione straniera aumenta di 111.000 unità, con il tasso di occupazione che torna a salire, dal 58,3% del 2013 al 58,5% del 2014. L’indicatore rimane invariato al 68,1% per gli uomini e cresce per le donne (dal 49,8% al 50,2% del 2014). La crescita dell’occupazione interessa in misura contenuta i lavoratori a tempo indeterminato (+18.000 unità) e in modo più sostenuto i lavoratori a termine (+79.000 unità). Prosegue, invece, a ritmo meno sostenuto il calo degli indipendenti (-9.000 unità). All’incremento dell’occupazione nell’industria in senso stretto (61.000 unità, pari a +1,4%) si contrappone il persistente calo nelle costruzioni (-69.000 unità, pari a -4,4%). 2015 Tra l’ottobre del 2014 e l’ottobre di quest’anno, il numero degli occupati è cresciuto dello 0,3 per cento, con 75mila occupati in più, ma il dato positivo non è strettamente legato alla creazione di nuovi posti di lavoro perché molto dipende anche dall’invecchiamento della popolazione. Infatti, il numero di occupati è aumentato soprattutto tra le persone con più di 50 anni, fascia di età che dall’inizio del 2013 è cresciuta del 4,7 per cento. L’Istat stima che almeno il 30 per cento della crescita occupazionale sia dovuto a questa dinamica demografica. Oltretutto le modifiche sulla previdenza introdotte dalla legge Fornero hanno diminuito il numero di pensionamenti nell’ultimo triennio, contribuendo così a loro volta all’aumento del numero di occupati con più di 50 anni. 2016 Nel 2016 l’occupazione è aumentata di 293.000 unità sul 2015 (+1.3%) con una crescita del lavoro alle dipendenze di 323.000 unità (+1,9%). Lo rileva l'Istat: la riduzione del tasso di disoccupazione è dall'11,9% all'11,7%. I disoccupati calano di 21.000 unità (-0,7%). L’aumento degli occupati,dice l'Istat, coinvolge oltre agli over 50 anche i giovani tra i 15 e i 34 anni. Il tasso di occupazione sale di 0,9 punti al 57,2%. Nel 2016 la media degli occupati è stata di 22.758.000, al livello più alto dall'inizio della crisi economica. Lo rileva l'Istat spiegando che nel 2008 erano 23.090.000 mentre nel 2009 sono scesi a 2.699.000. Con l'aumento registrato nel 2016 di 293.000 unità il 2016 ha riportato l'occupazione sopra i livelli 2009. Il tasso di disoccupazione è all'11,7%, il livello più basso degli ultimi quattro anni (nel 2012 era al 10,7% mentre nel 2013 era balzato al 12,1%). Sono diminuiti in modo consistente gli inattivi (-410.000 unità). 2017 Vediamo ora nel particolare cosa ci dicono i dati raccolti sulla occupazione in Italia per il 2017. I primi mesi hanno visto una situazione rallentata, con una lieve crescita di dipendenti a tempo determinato, e un calo di dipendenti a tempo indeterminato. Le persone in cerca di lavoro sono comunque diminuite (- 2,7%), anche grazie al tasso di disoccupazione che si è ristretto quotandosi all’11,5%. Un dato forse preoccupante è quello sugli inattivi (+0,4%), ad indicare una probabile sfiducia generale riguardo l’occupazione e il futuro. Gli inattivi vengono conteggiati fuori dalle forze di lavoro, e per l’Istat risultano non rientrano nella canonica classificazione tra persone occupate e/o in cerca di occupazione. 2018 Il nuovo anno è partito con la notizia relativa all’aumento del tasso di disoccupazione, che a fine dicembre ha registrato un rialzo dello 0,1% rispetto al dato registrato nel mese precedente, raggiungendo il 58,8%. Va per sottolineato che l’aumento del numero degli occupati è legato sopratutto all’incremento dei dipendenti a termine (47.000 in più) e degli autonomi (11.000 in più), mentre sono in netto calo gli occupati permanenti (35.000 in meno). Interessanti anche i dati dell’occupazione relativi alle fasce d’età: salgono gli occupati che hanno un’età compressa tra i 14 e i 24 anni (36.000 in più) e quelli con più di cinquanta anni (300.000 in più) e scendono quelli che hanno un’età tra i 25 e i 49 anni (ben 135.000 in meno). Scende di due decimi di punto il tasso di disoccupazione, che arriva al 10,3% anche se è in leggera crescita il tasso di disoccupazione giovanile (che sale dello 0,1% e si attesta al 31,9%). Rimane stabile invece il tasso di inattività, fermo al 34,3% (anche se si registra una riduzione di 16.000 unità tra gli inattivi di età compresa tra i 15 e i 64 anni). Il risultato del 2018: aumento del tasso di disoccupazione, incremento dei dipendenti a termine; calo degli occupati permanenti ci indica anche, infine, l’illusorietà della spinta in avanti prodotta dai provvedimenti del periodo 2015 – 2016 (job act) assunti senza affrontare, come già si è descritto in precedenza, i nodi di fondo dello sviluppo industriale che resta il problema centrale dell’Italia e del suo sistema di relazioni economiche all’esterno, dentro e fuori l’Unione Europea.

Alla sinistra europea serve una visione del futuro - Jacobin Italia

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The Danish election: a red wave with black undercurrents • Social Europe

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sabato 15 giugno 2019

Franco Astengo: La natura del Pd

LA NATURA DEL PD di Franco Astengo Se mai ce ne fosse stato bisogno gli episodi di questi giorni rappresentano un ulteriore disvelamento della natura del PD, della logica del potere che ha mosso l’intenzione della “vocazione maggioritaria” e della “governabilità”. Altro che “la maionese impazzita” richiamata a suo tempo da Massimo D’Alema. La questione non sta tanto nella “qualità” di vera e propria mostra delle miserie umane evidenziata dalle intercettazioni riguardanti il giro degli “aggiustatori” del CSM e delle Procure, con tutto il loro corollario di cene segrete, turpiloqui, millanterie miranti addirittura a coinvolgere il Presidente della Repubblica. Il punto sta nella reazione che il PD ha dimostrato anche in quest’occasione nella quale sotto l’antica spoglia di consuete malversazioni si delinea una crisi di credibilità della magistratura che rende ancor più debole il già fragile impianto del sistema politico italiano mandando in pericolo (più ancora di quanto non lo fosse già qualche giorno addietro) la democrazia repubblicana. Da notare, inoltre, che al centro di questa pericolosa dinamica stanno personaggi protagonisti del tentativo, a suo tempo, di modificare la natura parlamentare della Repubblica attraverso riforme costituzionali per fortuna respinte dalla maggioranza di elettrici ed elettori. La reazione del PD è sconcertante: si permette al protagonista – principe di questa vicenda di usare la formula ambigua “dell’autosospendersi” e da notizie giornalistiche il nuovo segretario sta cercando di fare in modo che una parte del partito coinvolta oggettivamente in questa vicenda non provochi addirittura una scissione. Da dove deriva questa preoccupazione di Zingaretti ? Dal fatto che la corrente di Lotti controlla anche tanti pezzi di partito sul territorio (citazione testuale da articoli di giornale nei quali si sottolinea anche la divisione in correnti del gruppo parlamentare e dell’Assemblea Nazionale). Compreso bene? Il timore è quello di perdere pezzi di cordate di potere in giro per l’Italia: perché di questo si tratta senza nessun accenno all’enormità della questione che si sta ponendo che, ripetiamo, non è tanto quella dell’intreccio (già tante volte visto e mai affrontato) tra “questione morale” e “questione politica” ma della credibilità dell’intero sistema soprattutto sul nodo delicatissimo della divisione dei poteri. Calenda, dal canto suo, non è capace di dire altro che “Riformare il CSM”: anche in questo caso non si avverte la profondità della situazione, i rischi per la democrazia, l’alimento ulteriore per l’antipolitica che ormai – in via di esaurimento la sbornia del M5S – sta sempre di più assumendo i tratti della cosiddetta “democrazia illiberale”. I segnali ci sono tutti e rappresentano i frutti avvelenati della confusione tra governabilità e gestione del potere e dell’assemblaggio indiscriminato sul piano dei valori e dei contenuti che inevitabilmente sta dentro all’idea della “vocazione maggioritaria” e della dismissione del ruolo di “parte” dei partiti (altro discorso quello della politica delle alleanze, tanto per intenderci). Il pericolo riguarda, prima di tutto, la qualità della nostra vita democratica: sarà il caso di rifletterci prima di tutto a sinistra.

mercoledì 12 giugno 2019

Andrea Zhok: Quale socialismo?

Andrea Zhok: Quale socialismo?

Olivier Blanchard – L’Europa deve riformare le sue regole fiscali | Vocidallestero

Olivier Blanchard – L’Europa deve riformare le sue regole fiscali | Vocidallestero

Pietro Adami: Se la sinistra vuol essere credibile torni a occuparsi dei lavoratori | Left

Pietro Adami: Se la sinistra vuol essere credibile torni a occuparsi dei lavoratori | Left

IL SOCIALISMO TORNA ATTUALE CON POLITICHE ANTI DISEGUAGLIANZE - N.Cacace - | Sindacalmente

IL SOCIALISMO TORNA ATTUALE CON POLITICHE ANTI DISEGUAGLIANZE - N.Cacace - | Sindacalmente

Syriza’s Failure Has Hurt Us All

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LE PAROLE DELLA LAICITÀ - Sinistra - micromega-online - micromega

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MILANO. QUARTIERI IBRIDI E GENTRIFICATI |

MILANO. QUARTIERI IBRIDI E GENTRIFICATI |

MILANO: MODELLO O PEZZO UNICO? |

MILANO: MODELLO O PEZZO UNICO? |

Franco Astengo: La sinistra in Italia. Punti di discussione

LA SINISTRA IN ITALIA: PUNTI DI DISCUSSIONE di Franco Astengo In vista di una necessaria apertura di confronto all’interno di ciò che rimane della sinistra italiana, mi permetto di portare all’attenzione di tutte/i quelli che mi paiono i punti prioritari da affrontare per tentare di avviare un vero e proprio processo di ricostruzione. Un processo di vera e propria “ricostruzione” ben oltre alla “rifondazione” o all semplice assemblaggio dell’esistente. Andando per ordine: SOTTO IL TITOLO “RICOSTRUZIONE” 1) AGGIORNARE LA TEORIA DELLE FRATTURE Si fa presto a seguire le mode e adesso l’effetto Greta sembra prevalere nelle disperse membra di quella che fu la sinistra, mentre i Verdi spingono per dire che “l’ambiente non è né di destra, né di sinistra”. Val pena ricordare che assumere le contraddizioni come “single issue” è sempre corporativo e che è necessario rielaborare una “teoria delle fratture” che intrecci cleavages cosiddetti “materialisti” e cleavages già definiti “post – materialisti”. Dalla teoria poi deve sorgere un progetto politico posto a livello di sistema e – in conseguenza – un insieme di adeguate lotte sociali dalle quali i soggetti intermedi prendano consenso, forza, possibilità d’incidenza sulla politica e sulla società. Diversamente si agirà a compartimenti stagni con l’idea che una porzione di realtà debba prevalere sull’altra mentre in questo modo emerge quella che è stata definita “antipolitica”. 2) AFFRONTARE LA FRAGILITA’ DEL SISTEMA Si è molto discusso in questi mesi di similitudine tra lo stato attuale e il fascismo. Fermo restando che qualsiasi analisi nel merito debba partire dal quadro internazionale, da questo punto di vista può risultare ancora valido un parallelo con l’analisi gramsciana. Nella sua analisi del fascismo Gramsci era partito dall’esempio del bonapartismo, pur sottolineando le differenze tra tale forma di Stato d’eccezione e il fascismo. La comparazione con l’oggi, stando dentro al quadro della riflessione proposta da Gramsci, può partire dalla constatazione delle difficoltà che, per varie ragioni di carattere interno e internazionale, stanno attraversando le classi economiche tradizionalmente dominanti e ormai incapaci di esercitare egemonia. A questo punto, pur di conservare il potere socio – economico, è avvenuta un’operazione trasformista. L’idea è quella di una cessione provvisoria e parziale di potere verso – appunto – l’ipotesi (non ancora concretizzata) di un “Lord Protettore” che, nel caso di Renzi, Grillo, Salvini (fatta salva ovviamente la diversità dettata dai modi d’interpretazione della politica spettacolo e della “democrazia recitativa”) proviene dalla piccola borghesia. In sostanza un tentativo di saldatura nell’intento di salvaguardare una continuità di comando per interessi storicamente prevalenti tra grande capitale e piccola borghesia corporativa e/o assistenzialista. Insomma: un nuovo blocco sociale reazionario. 3) IL TEMA DELLO SFRUTTAMENTO In un quadro di precarietà, disuguaglianze, salari al livello della sopravvivenza, percentuale di disoccupazione eternamente a due cifre: nel Paese delle mance (80 euro, reddito di cittadinanza) il tema dello sfruttamento, del disprezzo verso il lavoro è ancora una volta all’ordine del giorno e sembra mancare da questo punto di vista una reazione adeguata sia nella società e nei movimenti, sia sul piano della proposta politica. Il tema dell’allargamento e della continuità nei meccanismi di sfruttamento rappresenta, inoltre, il terreno più importante al fine di superare l’odio razziale e favorire processi positivi di integrazione. Vale ancora il vecchio motto della solidarietà internazionalista. 4) LA FORMA DELL’AGIRE POLITICO Il punto su cui porre l’attenzione è la comune necessità di sviluppare una “profondità di pensiero politico”. Salirebbe alla mente la definizione di “pensiero lungo”. Quella del “pensiero lungo” rappresenta forse la definizione più valida per ciò che si deve intendere oggi l’esigenza riguardante l’ampiezza della riflessione sui grandi temi richiamando il rapporto tra cultura e politica e adeguando così la forma dell’agire politico si potrà sviluppare anche sulla base delle ineludibili esigenze della modernità e dell’uso delle tecnologie equilibrando in questo modo le forme di militanza e d’intervento diretto sulle scelte da compiere sviluppate all’interno di un soggetto politico strutturato nell’evoluzione necessaria della forma – partito.

martedì 11 giugno 2019

Il voto nelle città: le Europee a Milano - YouTrend

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Il ruolo dell’Italia: a confronto con Romano Prodi e Lucio Caracciolo - Pandora Rivista

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L'idea del "socialismo azionario" - Jacobin Italia

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Can Anyone Save the SPD?

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Facciamo i conti giusti sul federalismo differenziato

Facciamo i conti giusti sul federalismo differenziato

Per la sinistra: una nuova identità socialista di Renzo Penna – Dalla parte del torto

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lunedì 10 giugno 2019

L'analisi dei flussi: Livorno torna al centrosinistra - YouTrend

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L'analisi dei flussi: Ferrara, crolla la roccaforte rossa - YouTrend

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Le tariffe e la pianificazione della mobilità nell’area milanese - Il Migliorista

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Franco Astengo: Numeri dai ballottaggi

NUMERI DAI BALLOTTAGGI di Franco Astengo Di seguito qualche prima considerazione sull’esito dei ballottaggi svoltisi il 9 giugno: i dati sono riferiti ai 16 comuni capoluogo di provincia impegnati nei comizi elettorali. In questi sedici comuni si è verificato il successo dei candidati presentati da coalizioni di centro sinistra in 7 occasioni, altrettante sono state quelle nelle quali è risultato vittorioso un candidato presentato dalla coalizione di centrodestra, un successo per il M5S nell’unico caso in cui questo movimento era pervenuto al ballottaggio, un successo per il candidato di una lista civica. Grande interesse era rivolto alla partecipazione al voto: come capita in queste occasioni da quando è stato introdotto il meccanismo del ballottaggio si è registrata una diminuzione nell’afflusso di elettrici ed elettori. La flessione è stata quasi del 14%, però – rispetto ad analoghe situazioni del passato –il totale dei voti validi espressi è rimasto al di sopra del 50% dell’intero corpo elettorale. Hanno espresso, infatti, voto valido nei 16 capoluoghi presi in considerazione 617.409 elettrici ed elettori pari al 51,95% dell’intero corpo elettorale che era composto da 1.188.447 unità. Dal punto di vista più specificatamente rivolto all’indirizzo politico dell’esito del voto si segnale una tendenziale caduta della coalizione di centro destra. Nel primo turno, infatti, i candidati pervenuti al ballottaggio come esponenti di coalizioni di centro destra avevano raccolto 295.602 voti, nel secondo turno sono scesi a 285.657 con una flessione di 9.945 suffragi. In crescita, invece, i candidati esponenti di coalizioni di centro sinistra: da 260.451 voti a 287.228 con una crescita di 26.777 unità. Nell’unico comune (Campobasso) nel quale il candidato del Movimento 5 stelle era riuscito ad approdare al ballottaggio si è assistito a un raddoppio: da 8.484 voti al primo turno a 16.139 nel secondo, mentre sono anche cresciuti i candidati delle liste civiche (presenti in 2 comuni) saliti da 20.300 voti a 27.755. Nei 7 comuni nei quali le candidature di centrosinistra hanno prevalso registriamo un aumento di voti per i candidati vincenti a Verbania, Livorno, Cremona, Rovigo e Cesena mentre i Sindaci di Reggio Emilia e Prato sono stati eletti perdendo voti tra il primo e il secondo turno. I candidati sconfitti presentati dal centro destra hanno fatto registrare un incremento di voti a Prato, Livorno e Cesena mentre sono arretrati a Verbania, Reggio Emilia, Cremona e Rovigo Dalla parte dei 7 successi fatti registrare dal centro destra, a parte la situazione di Biella nella quale entrambe le candidature appartenevano a quello schieramento l’unica situazione in crescita è stata Ascoli Piceno. In calo le candidature pur alla fine vincenti a Vercelli, Ferrara, Forlì, Foggia e Potenza. Per i candidati battuti nel centro sinistra aumento a Vercelli, Ferrara, Ascoli Piceno. In diminuzione Foggia. Già segnalato il raddoppio del M5S a Campobasso, resta da segnalare l’aumento del candidato della Lista Civica a Potenza (pur alla fine sconfitto) e il successo in crescita di una candidatura da Lista Civica ad Avellino. Tra il 1° e il 2°turno si sono effettuati questi sorpassi: a Verbania a favore del centro sinistra, a Rovigo a favore del centro sinistra, a Campobasso a favore del M5S, ad Avellino a favore della Lista Civica. Da segnalare, infine, il caso di Potenza: al primo turno, infatti, il candidato del centrodestra Guarente disponeva di un vantaggio sul candidato Tramutoli (Lista civica) di quasi 7.000 voti ridottisi esattamente a 200 (16.248 a 16.048) al ballottaggio. In sostanza, dalla prima analisi del voto nei 16 comuni capoluogo, si può rilevare un minor crollo nella partecipazione al voto rispetto a quanto poteva essere prevedibile considerata anche la stagione (ricordiamo, in questo senso, passaggi nettamente inferiori al 50%), un’evidente “fatica” nella tenuta tra un turno e l’altro da parte delle coalizioni di centro destra che complessivamente perdono voti in cifra assoluta e un buon impatto, anche se limitato nella capacità di estensione numerica, da parte delle coalizioni di centrosinistra.

venerdì 7 giugno 2019

Socialismo e socialismi

Socialismo e socialismi

Un Green New Deal per la Gran Bretagna - Jacobin Italia

Un Green New Deal per la Gran Bretagna - Jacobin Italia

La favola dei minibot | T. Monacelli

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Cosa fare dopo la letterona da Bruxelles | F.Daveri

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Il Pd può essere l'alternativa solo di se stesso. Ma per ora di sinistra non si parla proprio - Il Fatto Quotidiano

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LA FLEXSECURITY IN EUROPA - R.Carlini - il mito infranto: le cause e le conseguenze - | Sindacalmente

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'The Social Democrats have succeeded in winning back voters' | International Politics and Society - IPS

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giovedì 6 giugno 2019

Paolo Borioni: Danimarca, la sinistra vince con nuove idee - Strisciarossa

Danimarca, la sinistra vince con nuove idee - Strisciarossa

Gli italiani e l’Europa: tra sfiducia e paura dell’isolamento – Hume Page

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Nel lungo periodo Keynes è morto? - Jacobin Italia

Nel lungo periodo Keynes è morto? - Jacobin Italia

Franco Astengo: Industria

INDUSTRIA dI Franco Astengo Nelle pieghe della notizia riguardante i1.400 lavoratori messi in cassa integrazione da Arcelor Mittal a Taranto questa appare essere il punto all’ordine del giorno: “Crisi industriali: tagli all’orario e chiusure, in fumo 272 milioni di reddito : I dipendenti a rischio sono oltre 300 mila se si conta anche l'indotto. Pochi effetti dal decreto Dignità e dalle norme contro chi delocalizza” . Ancora una volta è il tema dell’industria quello che sale alla ribalta. La questione industriale (in tutti i suoi complessi risvolti, compreso il tema ambientale) ha rappresentato il vero nodo del mancato sviluppo italiano e della precaria situazione nella quale si trova la nostra economia . In questo caso si corre il rischio di semplificare ma è il caso comunque di indicare priorità nelle cause, a partire dall’operazione smantellamento delle PPSS e scioglimento dell’ IRI negli anni’80. Le poche aziende (Finmeccanica, Fincantieri, Fintecna, Alitalia e RAI) rimaste in mano all'IRI furono trasferite sotto il diretto controllo del Tesoro. Nonostante alcune proposte di mantenerlo in vita, trasformandolo in una non meglio precisata "agenzia per lo sviluppo", il 27 giugno 2000 l'IRI fu messo in liquidazione e nel 2002 fu incorporato in Fintecna, scomparendo definitivamente. Prima di essere incorporato dalla sua controllata ha però pagato un assegno al Ministero del Tesoro di oltre 5000 miliardi di lire, naturalmente dopo aver saldato ogni suo debito. Nel 1990 (queste le responsabilità politiche vere del pentapartito,ben oltre la stessa Tangentopoli) i paesi europei erano tutti in condizione di debolezza e tutti, tranne Portogallo, Grecia, e Italia, hanno modificato le proprie capacità tecnico – scientifiche diffuse, al fine di agganciare il mercato internazionale. Non a caso i Paesi europei hanno una dotazione tecnologica, costruita anche grazie al supporto e all'intervento diretto del settore pubblico, che permetterà di guardare al proprio futuro in modo più consapevole, mentre l'Italia dovrà importare l'innovazione da altri e rinunciare anche allo sviluppo di segmenti alti del mercato del lavoro, rinunciando alla siderurgia. all'informatica, all'elettronica, alla chimica, addirittura all'agroalimentare. Questo del gap tecnologico è il vero disastro italiano perpetrato da un ceto politico, economico, industriale alternatosi in varie forme al potere dagli anni’80 a oggi anche attraverso quel bipolarismo centrodestra/centrosinistra che, alla luce dei fatti, appare sempre di più essere stato una finzione. Finzione che ha causato disastri materiali di livello epocale per questo nostro povero e maltrattato Paese. Disastri dei quali si pagano ancora oggi amare conseguenze.

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mercoledì 5 giugno 2019

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