Il Circolo Carlo Rosselli è una realtà associativa presente a Milano sin dal 1981. http://www.circolorossellimilano.org/
mercoledì 31 gennaio 2018
Franco Astengo: Voto
VOTO DI LISTA, VOTO DI PREFERENZA, COLLEGIO UNINOMINALE, AGGREGAZIONE DEL CONSENSO di Franco Astengo
Almeno dal punto di vista dell’analisi politologica Il dato di maggior interesse che si presenta in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo è sicuramente rappresentato dalla verifica dei meccanismi di aggregazione ed espressione del consenso che si realizzeranno attraverso la mediazione della nuova formula elettorale, mista tra maggioritario e proporzionale con voto sulla stessa scheda senza possibilità di espressione disgiunta.
Una formula elettorale che presenta (come già le precedenti) palesi profili d’incostituzionalità e che probabilmente nella sua applicazione pratica riserverà sorprese non da poco per quanti, in questo momento, stanno baldanzosamente facendo i conti con un sacco di collegi sicuri, da incrociare con doppie triple fino a quintuple candidature in modo da comporre a piacere il puzzle dei futuri gruppi parlamentari.
Saranno, infatti, sottoposti alla prova tutte e tre le modalità classiche di voto: quella di appartenenza, di opinione e di scambio, anche se alla fine l’esercizio di quella che dovrebbe risultare prevalente in una società moderna “mobile”, cioè quella di “opinione”, potrebbe favorire la crescita già prevista del “non voto” come conseguenza di una precisa scelta politica.
Potrebbe essere giunta quasi ed esaurimento la parabola dell’antico voto di appartenenza, sottoposto nel corso degli anni al logoramento di un evidente trasformismo attuato non tanto dai singoli (i famosi “cambi di casacca”) ma dal complesso dei soggetti politici che mutano collocazione, contenuti, riferimenti e pretenderebbero di essere giudicati in continuità con insegne d’altri tempi e magari votati come antichi baluardi “contro” i pericoli derivanti dalla presenza dell’usato nemico: chi può, infatti, credere al PD come sbarramento contro i “populismi “ della destra, a un M5S che drena l’astensionismo (quando il fenomeno appare in costante crescita) oppure – addirittura – a un ritorno di Berlusconi in chiave di “diga” contro il comunismo di quarantottesca memoria?
Il voto di scambio, invece, è sempre in auge e si cerca di praticarlo in larga scala e non tanto e non solo sul piano del favore personale immediato: di che cosa si tratta, infatti, se non di voto di scambio a livello di massa quando ci si lancia in mirabolanti promesse di abolizione di questa o quell’altra imposta o tassa o tariffa, oppure di intervento sul fisco attraverso la “flat tax” oppure ancora quando si promettono “bonus”, redditi di dignità o di cittadinanza, insomma del campare senza lavorare pensando a coprire i costi con i proventi della lotta all’evasione fiscale?
Tutto questo circola in abbondanza all’interno dei messaggi che ci si stanno scambiando in campagna elettorale facendo prevedere, alla fine, una vera e propria “implosione” nel determinarsi dei meccanismi di raccolta e aggregazione del consenso. “Implosione” derivante proprio da saturazione da promesse.
Il 4 di marzo si sperimenteranno sulla scheda alcune novità rilevanti.
La più importante della quale, cui dedicare attenzione, sarà quella rappresentata dal trasferimento diretto del voto dal collegio uninominale e quello plurinominale, senza possibilità di voto disgiunto e di espressione di preferenza sulle specifiche candidature di lista.
Si pone così una questione non da poco per tutte le forze politiche: da dove partite per orientare e riaggregare il consenso di elettrici ed elettori?
Dalla parte plurinominale, puntando cioè su appartenenza (residua) e opinione (mediata dai social) e pensando quindi che nell’espressione di voto si trascuri la composizione stessa della lista, in buona parte dei casi contenente candidati estranei e posti in un ordine tale per favorire l’eventuale di un’elezione di fedelissimi da usare nel futuro parlamento esclusivamente a favore delle manovre di leadership non interessate a un’idea di rappresentanza politica?
Oppure dalla parte del collegio uninominale, così pubblicizzata attraverso il tam tam dei cosiddetti “duelli” (in gran parte finti, in quanto i protagonisti dispongono di ampie possibilità di elezione in altre sedi), pensando così di esaltare la competizione diretta e quindi di utilizzare quel voto in funzione della parte plurinominale?
Insomma: si era pensato di costruire un’autostrada per facilitare la messe del consenso senza difficoltà; ne è venuta fuori una vera e propria strettoia dalla quale sarà difficile per candidati e partiti districarsi considerato che si è voluto imporre questo iugulatorio “voto unico”.
Come si è potuto ben notare attraverso questa sommaria ricostruzione delle modalità di voto, appaiono quanto mai incerte le prospettive di raccolta e aggregazione del consenso da parte delle forze politiche: dipenderà in parte anche dallo specifico delle situazioni territoriali e, nel caso, si dovrà valutare davvero il peso dell’operazione “paracadutati” e la vacuità dell’idea che il collegio uninominale avvicini candidati ed elettori, proponendo come base i problemi del territorio. Non mai stato così e mai lo sarà, salvo nelle illusorie rappresentazioni degli articolisti scopritori seriali della banalità di scelte scontate per mera convenienza.
Sarebbe interessante pensare di poter recuperare almeno un poco dell’antico voto di appartenenza presentando con chiarezza, non tanto e non solo candidati riconoscibili, ma soprattutto programmi costruiti sulla chiarezza nell’espressione di concrete contraddizioni sociali.
Insomma: elettrici ed elettori che votano liste delle quali sanno con il massimo di precisione da “quale parte stanno”, come oggi invece avviene raramente.
Altri tempi quelli del “voto di appartenenza” nei quali albergavano ideologia e progettualità: merce ormai scomparsa da tempo (l’ideologia addirittura aborrita) dalla scena politica e non solo elettorale.
Auspicarne il ritorno pare a molti un ritorno all’indietro: riflettiamoci considerato che la proposta generale è quella di un ritorno all’indietro ai tempi del dominio incontrastato dello sfruttamento e della sopraffazione. In un qualche modo, anche con il voto, sarà pure il caso di opporci a questa degenerazione.
lunedì 29 gennaio 2018
Franco Astengo: La costituzionalità delle candidature
LA COSTITUZIONALITA’ DELLE CANDIDATURE di Franco Astengo
Una sola schematicissima osservazione dopo aver assistito al rodeo delle candidature in corso da qualche giorno.
Probabilmente non avremo, questa volta, a elezioni avvenute il giudizio della Corte Costituzionale sulla legge elettorale come già avvenuto in due occasioni nel giro di un paio d’anni: non ci si arriverà, infatti, per ragioni di mancanza del tempo materiale.
La road – map, infatti, sembra prevedere: esito elettorale senza formazione di maggioranze più o meno omogenee, “governo del Presidente” magari fondato su un po’ di astensioni sulla fiducia, messa all’ordine del giorno di una nuova legge elettorale (fortemente maggioritaria, pensano in molti, soprattutto i padroni dei diversi Partiti Personali), nuove elezioni.
Se, invece, si dovesse arrivare al giudizio dell’Alta Corte (richiesto dai soliti snobbati cirenei che, nel frattempo, hanno già avuto ragione due volte) allora il resoconto della kermesse di questi giorni dovrebbe risultare la più importante pezza d’appoggio per ottenere la dichiarazione di nullità sotto l’aspetto indicato da una delle contestazioni più serie rivolte all’impianto della legge attuale.
Mi riferisco alla possibilità di scelta dell’eletto da parte dell’elettore: insomma, al tema dell’assenza di preferenze e delle liste bloccate.
Storceranno il naso amici giuristi e ci si può ben render conto dell’improprietà nel sostenere la validità giuridica di un semplice resoconto: ma ciò che è accaduto in specifico e in particolare nel PD attorno al gioco delle posizioni in lista e delle relative inclusioni/esclusioni è apparso proprio come la testimonianza più diretta e probante assolutamente da far valere in sede di giudizio del fatto che la volontà dell’elettrice e dell’elettore nel determinare l’eletto è pressoché nulla almeno per i 3/4 dell’intera assemblea.
Il punto non è quello delle liste più o meno lunghe (come aveva sostenuto la Corte in occasione della bocciatura del “Porcellum”) ma il fatto che, in questo caso, su 630 seggi alla Camera, 475 in pratica sono già ipotecati (tra listini, collegi e pluricandidature incrociate) e quelli eventualmente ancora in contesa lo saranno non per via della scelta diretta al riguardo delle candidature, ma a causa delle oscillazioni di voto delle liste al di là e indipendentemente – tra l’altro – dall’esito elettorale della circoscrizione di riferimento.
Ancora una chiosa conclusiva: il tutto alla faccia di chi sostiene (ingenuità o malafede?) che il collegio uninominale avvicina il candidato all’elettore, costringendolo a misurarsi con i problemi del territorio per conquistarsi i voti. Il fenomeno era già stato ben presente anche in passato al tempo del “Mattarellum”, ma il numero dei “paracadutati” nei collegi in questa occasione appare davvero imponente (con tanto di salvaguardia nei listini proporzionali). “Paracadutati” ansiosamente confidanti negli antichi “zoccoli duri”, altro che problemi del territorio, sia che ci si rivolga (da destra) alla vecchia DC di Imperia, sia che si rivolga (da sinistra?) al sempiterno PCI del Mugello.
Intanto in molti avranno rivolto una prece di ringraziamento ai 19 milioni di elettrici e di elettori che il 4 dicembre 2016 bocciarono la deforma costituzionale targata Renzi – Boschi: se non ci fosse stato quel “NO” adesso sarebbe scomparsa anche la salvifica carta di riserva del Senato, alla quale si affida pensate un po’ anche la super – riformista ministra della Difesa che, cautamente per salvare il seggio, sceglie la via di Palazzo Madama, Palazzo del quale era tra le più accanite a voler serrare il portone.
Intanto soffriamo tutti di un cumulo di scelte sbagliate cui nessuno sembra voler porre rimedio: le notizie che giungono in queste ore dalla Libia lo confermano. Le scelte sciagurate si confermano sciagurate e si dimostrerà così anche in materia elettorale.
domenica 28 gennaio 2018
venerdì 26 gennaio 2018
giovedì 25 gennaio 2018
martedì 23 gennaio 2018
lunedì 22 gennaio 2018
domenica 21 gennaio 2018
sabato 20 gennaio 2018
venerdì 19 gennaio 2018
giovedì 18 gennaio 2018
mercoledì 17 gennaio 2018
Franco Astengo: Lavoro
ANCORA) SUL MORIRE PER SFRUTTAMENTO di Franco Astengo
Mai dimenticare che si muore per sfruttamento: l’episodio di ieri sera a Milano (3 operai morti in una fabbrica metalmeccanica) ci riporta brutalmente a una realtà che, nell’infinita discussione sulla presunta fine della classe operaia, viene spesso lasciata da parte come fastidiosamente antico.
Situazioni intollerabili, inaccettabili, insostenibili che pure continuano a pesare come macigni sulla condizione di lavoro ancor oggi, in tempi nei quali la tecnologia, l’attrezzatura, l’organizzazione del lavoro dovrebbero garantire situazioni diverse dal passato. O, almeno, pensavamo che avrebbero dovuto garantirle.
Invece siamo qui a piangere ancora i nostri morti come accade sempre più di frequente e ci troviamo anche nel condividere lo sdegno di chi non trova giustizia: il rogo della Thyssen Krupp è ancora vivo nella nostra memoria, quale simbolo quasi emblematico del persistere di uno stridore tremendo tra la vita, lo sfruttamento quotidiano, la perversa volontà di profitto.
Vige in Italia una normativa in materia che è stata costruita soprattutto per alimentare un mercato, quello della formazione sulla materia, che costringe a seguire determinati itinerari garantendo – anche in questo caso – margini di profitto a chi non ha scrupoli nello sfruttarlo.
Nulla si fa, invece, per contrastare l’accelerazione nei tempi di lavoro e il disagio nelle modalità concrete dell’operatività di fabbrica, i ritardi tecnologici per l’assenza di investimenti adeguati.
Nella tragedia della perdita di diritti accumulata nel corso degli anni quelli riguardanti l’intensificazione oggettiva dello sfruttamento del singolo è forse la parte più trascurata perché soffocata dall’imperversare della precarietà, dell’incertezza, dell’insicurezza nel poter mantenere il proprio posto.
Dietro l’angolo di questo drammatico stato di cose dietro alla svolta della precarietà del lavoro e della vita, ci sta l’agguato della morte.
Accettarlo senza ribellarci rappresenta un altro segnale del nostro smarrimento.
martedì 16 gennaio 2018
Paolo Bagnoli: La Costituzione con i piedi per terra
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70 anni dopo – la biscondola
la costituzione
coi piedi per terra
paolo bagnoli
da Non Mollare
La Costituzione della Repubblica ha compiuto
70 anni e, oltre ogni retorica, come ha dimostrato
il referendum del 4 dicembre 2016, il popolo
italiano vi è fortemente attaccato. In un passaggio
di grande grigiore della politica democratica, ciò
costituisce un fattore forte di consolazione e di
fiducia per il nostro malmesso Paese.
Lasciamo ai costituzionalisti ogni
considerazione riguardante la cultura giuridica della
Carta. Ci limitiamo all’aspetto più propriamente
politico che ci riporta, giocoforza, all’esito
referendario. In esso, infatti, si possono trovare
molti motivi che lo giustificano. Tra essi,
particolarmente uno considerato che siamo a
generazioni cui è estranea l’educazione civica.
Quella praticata per prassi quale valore vissuto
derivante dalla nascita stessa della Repubblica e
senza cognizione alcuna di cosa sia stata repubblica
nata dalla Resistenza volgarmente, ormai,
appellata, “prima repubblica”. Ora, visto che la
maggioranza del voto giovanile si è espresso a
favore del “no”, si può ragionevolmente affermare
che la Costituzione rappresenta un saldo motivo di
unione della stragrande maggioranza del popolo
italiano; quanto salda il legame tra le generazioni
nonostante la palude rappresentata da quasi mezzo
secolo di transizione incompiuta. Se poi volessimo
andare più a fondo si rileva che la Costituzione,
con l’impianto valoriale su cui si basa, non ha mai
rappresentato un ostacolo per la conquista di
nuovi traguardi civili e sociali. Essa, infatti, ha
sempre accompagnato e giustificato il cammino
della politica in tale direzione. La Costituzione,
inoltre, esprime un senso alto della democrazia, dei
limiti entro i quali deve svolgersi la lotta politica,
l’essere e il farsi dello Stato di diritto nonché
significato che, in una libera democrazia, deve
avere l’esercizio della rappresentanza: sostanza
prima della democrazia medesima. Su quest’ultimo
punto, ahimè!, la legislatura passata non ha dato
una bella rappresentazione. Speriamo che le cose
migliorino, ma al momento – naturalmente si tratta
di un giudizio di ordine generale nel quale fanno
eccezione pure positive testimonianze – l’Italia
non ha una classe politica degna di questo nome. Il
Paese, sotto il peso del virtuismo giudiziario, ha
visto cadere i partiti; ma quello che è più grave;
pure le culture politiche e le ragioni ideali
fertilizzanti il terreno di tenuta e di crescita della
democrazia.
La Costituzione assegna alla lotta politica la
realizzazione dei suoi valori: quelli di un aperto e
progressivo incivilimento democratico poiché la
sottende l’idea dell’uomo quale persona, ossia
quale mondo morale. Ciò è pure l’alimento della,
società. Tutti sanno che il termine politica deriva
dal greco polis. Alle origini significa,
contemporaneamente, sia Stato che società. In
esso si concettualizza il senso dottrinario della
politica; vale a dire, la relazione tra le idee che
organizzano gli ideali e i valori che ne derivano e la
fattualità del loro concretizzarsi nel processo
storico.
Nella nostra Costituzione il rapporto tra Stato,
società, uomo singolo e uomo associato
costituiscono un intreccio imprescindibile del
significato della Repubblica nonché dell’etica
repubblicana della nostra democrazia. Gli ultimi
due dati nel quarto di secolo della transizione
incompiuta si sono persi, travolti dall’abulia degli
ideali e dal prevalere del governismo;
dall’affermarsi, in parallelo, del populismo e della
demagogia, dall’allontanamento del fattore gente
dal processo democratico, da un’ideologia
ossessiva dell’innovazione politica ispirata da un
sostanziale confusionismo che ha prodotto
restrizione dei diritti, blocco dell’incivilimento
democratico e, culturalmente, archiviato il diritto a
vedersi riconosciuti i diritti civili e sociali a
fondamento della dignità di una democrazia
realmente compiuta. La Costituzione, però, è lì,
viva e vitale per la politica e l’azione degli uomini.
Ricordate il discorso di Piero Calamandrei a
Milano nel 1955? -: occorre farla vivere, metterla
coi piedi per terra. È da lì che occorrerebbe
ripartire per la ricostruzione della democrazia
italiana. Il perché ciò non sia avvenuto
implicherebbe un altro capitolo del discorso; se
navighiamo, oramai da troppo tempo in una crisi
senza soluzione non è certo colpa della
Costituzione. Al contrario. essa sprona a mettersi
in cammino in tutt’altra direzione.
lunedì 15 gennaio 2018
sabato 13 gennaio 2018
venerdì 12 gennaio 2018
mercoledì 10 gennaio 2018
lunedì 8 gennaio 2018
domenica 7 gennaio 2018
Paolo Bagnoli: Qualcuno fermi Eugenio Scalfari
Qualcuno fermi Eugenio Scalfari e lo faccia tutte le volte che vuole scrivere di Carlo e Nello Rosselli. Oggi, nel fondo di Repubblica, ci offre alcune perle che, prima ancora di farci indignare, ci impietosiscono. Da tanti anni ci occupiamo dei Rosselli e sappiamo bene chi erano e cosa facevano. Ora Eugenio ci dice che i fratelli Rosselli erano "due antifascisti emigrati in Francia dove facevano uno il medico e l'altro l'insegnante di Lettere e Filosofia". Di questo passo verremo a sapere che la signora Amelia, madre dei due, svolgeva pure lavoretti a domicilio!! Ma come si fa; come si fa a far passare cose del genere? E' chiaro che nessuno a Repubblica rilegge i pezzi del fondatore.
Sulla sostanza politica della tesi di Scalfari per cui l'avvicinarsi dei radicali della Bonino al Pd è solo il frutto di un lungo percorso che parte proprio dalla vicenda rosselliana ci limitiamo a dire che, tra le tante libertà esistenti, c'è anche quella alla menzogna .Naturalmente tramite processo storico-politico ha nell'azione scalfariana e nel ruolo di Repubblica il suo centro motore. Assurdità, falsità e - lo diciamo con dolore - malafede si mescolano segnando, anche per questo verso, la miseria culturale e politica cui siamo giunti.
PAOLO BAGNOLI
sabato 6 gennaio 2018
Principi costitutivi e principi regolativi della Wettbewerbsordnung ordoliberale. A proposito di Walter Eucken | Zanini | Scienza & Politica. Per una storia delle dottrine
venerdì 5 gennaio 2018
giovedì 4 gennaio 2018
mercoledì 3 gennaio 2018
lunedì 1 gennaio 2018
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