martedì 4 marzo 2014

Luciano Belli Paci: Storia di una follia

Caro Prof. Ainis, ho apprezzato in gran parte il Suo articolo sul Corriere di oggi. Mi chiedo però come sia possibile definire "ragionevole almeno sulla carta" l'Italicum. Esiste al mondo un sistema elettorale con ballottaggio, che però esonera dal ballottaggio chi abbia raggiunto una soglia inferiore al 50 % + 1 dei voti ? (e molto inferiore: 37 % !). A me non pare. La ratio del ballottaggio è quella di far sì che se nessuno dovesse raggiungere la maggioranza (assoluta) al primo turno si dia vita ad uno spareggio tra i primi due, appunto per legare - come Lei scrive - la governabilità al consenso (implicito o esplicito) degli stessi governati. Così è in Francia e così è anche nella legge italiana per i comuni e per le province, che Renzi dichiarava di voler prendere come modello. Evitare il ballottaggio perché si è raggiunta una soglia del 37 % è un non senso, significa violentare la volontà contraria del 63 % degli elettori. Cosa possibile con l'uninominale maggioritario "secco" anglosassone, dove collegio per collegio vince chi arriva primo e gli elettori si regolano di conseguenza, ma intrinsecamente contraddittoria sia con la logica del sistema proporzionale, sia con la logica del ballottaggio. La verità è che il progetto Renzi-Berlusconi è un aggiramento fraudolento della dichiarazione di incostituzionalità del porcellum. È un "riporcellum" che mantiene intatti i due vizi capitali della legge Calderoli: a) la illimitata compressione del principio di rappresentatività (la soglia per ottenere il premio senza ballottaggio non solo è troppo bassa, ma come Lei illustra molto bene è solo virtuale visto che gli sbarramenti per i piccoli possono lasciare senza rappresentanza larga parte del 37 %) e b) il parlamento dei nominati (le liste corte danno solo un'illusione di scelta dell'eletto, visto che col recupero nazionale un elettore di Siracusa può finire per essere determinante per eleggere, a sua insaputa, un deputato a Cuneo). Insomma, non c'è solo follia. C'è anche un disegno anticostituzionale ed antidemocratico che andrebbe denunciato con più forza. Cordiali saluti. Luciano Belli Paci belli.paci@tiscali.it LEGGE ELETTORALE: STORIA DI UNA FOLLIA (Michele Ainis) 4 marzo 2014 Nel 1978 la legge Basaglia ha chiuso i manicomi. Riapriteli di corsa: c'è un matto pericoloso da internare. È il legislatore schizofrenico, l'essere che comprende in sé il non essere, la volontà che vuole e disvuole. In passato ne avevamo avuto già il sospetto, dinanzi a certe leggi strampalate, a certe norme subnormali. Adesso c'è un certificato medico, la prova che il seme della follia ha ormai attecchito nelle meningi dei nostri parlamentari. Come? Con un doppio emendamento alla legge elettorale, da quest'oggi all'esame della Camera. Proviamo allora a raccontarla, questa «Storia della follia» che meriterebbe la penna di Foucault. Tutto comincia con l'accordo Renzi-Berlusconi sul doppio turno eventuale: se superi un determinato tetto incassi il premio di maggioranza, altrimenti ballottaggio fra le due coalizioni più votate. È l'Italicum, ed è un sistema - almeno sulla carta - ragionevole. Perché taglia le unghie ai piccoli partiti, contemplando una soglia minima per guadagnare seggi. E perché lega la governabilità al consenso (implicito o esplicito) degli stessi governati. Sennonché il diavolo s'annida nei dettagli. In questo caso i dettagli sono numeri, e numeri impazziti. Un premio troppo basso (52% con il 37% dei suffragi), che lascia l'esecutivo in balia di 6 deputati. Tre soglie diverse (12%, 8%, 4,5%) per le coalizioni, per le liste coalizzate, per i partiti che corrono da soli. Deroghe per le minoranze linguistiche, deroghe per la Lega Nord, però nessuna deroga se il voto si spalma sulle schede come una marmellata elettorale. Può ben succedere, in fondo è già successo: siamo l'Italia dei mille campanili. E dunque se il fronte di minoranza conterà un solo partito in grado di superare la boa dell'8%, quest'ultimo intascherà il 48% dei seggi: tombola! Se il fronte di maggioranza verrà presidiato da una coalizione di 11 partiti (quanti ne imbarcò l'Unione di Romano Prodi nel 2006), se nessuno degli 11 sforerà il 4,5%, mentre tutti insieme sommeranno il 37%, il risultato in seggi sarà zero tagliato. E, via via, potremmo esercitarci a lungo su questo manicomio elettorale. T'aspetteresti che l'esercizio lo svolgano pure lorsignori, invece no: discettano, rimuginano, almanaccano su come scrivere la legge elettorale senza scriverla. Da qui l'emendamento Lauricella, che ne subordina l'entrata in vigore alla riforma (ipotetica e futura) del Senato. Più che una legge, una promessa di matrimonio; vatti a fidare. Da qui - ed è storia di ieri - l'emendamento D'Attorre, che circoscrive l'Italicum alla sola elezione della Camera. E il Senato? Lì rimarrebbero in vigore le regole di adesso: un proporzionale puro. Siccome su quest'emendamento la maggioranza è già andata in solluchero, siccome a quanto pare offrirà l'inchiostro della nuova legge elettorale, sarà il caso di ragionarci su. Anche se è complicato ragionare con i pazzi. Domanda: ma sarebbe incostituzionale stabilire regole diverse fra Camera e Senato? Niente affatto. In primo luogo, la Costituzione stessa differenzia le due assemblee legislative, collegandole a elettorati differenti (18 e 25 anni). In secondo luogo, in origine ne aveva differenziato pure la durata (5 e 6 anni). In terzo luogo, già il Porcellum confezionava un premio nazionale per la Camera, e al Senato 20 premi regionali. Però, attenzione: proprio questa disarmonia ha alimentato una censura d'incostituzionalità. Scrive infatti la Consulta (sentenza n. 1 del 2014, punto 4 della motivazione): il Porcellum «favorisce la formazione di maggioranze parlamentari non coincidenti nei due rami del Parlamento, pur in presenza di una distribuzione del voto nell'insieme sostanzialmente omogenea»; sicché viola, in conclusione, «i principi di proporzionalità e ragionevolezza». Morale della favola: è ragionevole diversificare, è irragionevole contraddire. Si può adottare, per esempio, un maggioritario con sistemi differenti: alla Camera con il premio, al Senato con i collegi uninominali. Si può scegliere un proporzionale variando le soglie minime d'accesso nelle assemblee legislative. Ma non si può decidere per un «maggiorzionale», non si possono trattare le due Camere come se appartenessero a due Stati lontani. Per rispetto del buon senso, se non anche del buon senno.

2 commenti:

felice ha detto...

Cari amici e care amiche senza la copertura di costituzionalisti compiacenti
non ci sarebbe stato il porcellum e non ci sarebbe stato l'Italicum. Senza il
prof. Ceccanti allora travestito da senatore nominato non ci sarebbe stata la
soglia di accesso per le europee motivata con la necessità di impedire che
rientrassero" in gioco le forze politiche escluse dal Parlamento italiano nel
2008". Evidentemente non conosce la giurisprudenza del Tribunale Costituzionale
federale tedesco, né il testo del Trattato di Lisbona già da lui ratificato
anche se non entrato in vigore nel febbraio 2009


Felice C. Besostri

dario ha detto...

Caro Luciano, dobbiamo riattrezzarci per un ulteriore ricorso, il berlurenzellum ancora peggio del vecchio porcellum perchè non solo tiene alto il premio di maggiornza (18%) ma con le soglie in basso sfrutta i portatori d'acqua ad unico vantaggio del partito maggioritario nella coalizione e ribadisce che i parlamentari non si eleggono, si nominano.
Fraterni saluti
Dario Allamano